Sono più numerose di quanto si creda le donne che continuano a stare con uomini che, le trattano male fino alle violenze fisiche. Sono spesso, professioniste di successo, che affiancano a una vita pubblica brillante una vita privata terribile, dove indossano quelli della vittima di un partner che le mortifica, le maltratta e spegne i loro entusiasmi, facendole sentire uno zero. Che cosa le tiene incollate all’aggressore? Forse la possibilità di sperimentare con lui la debolezza che in ambito professionale non possono permettersi. La caratteristica principale di questi rapporti è che si vivono più nella fantasia che nella realtà. Sono le fantasie sulla futura disponibilità del partner a tenere le donne legate per anni ad un rapporto umiliante ed insoddisfacente. Il partner viene idealizzato: di lui si vedono solo gli aspetti migliori, Una donna coinvolta in una relazione unilaterale rimane nel rapporto poiché spera che lui cambi, si innamori e diventi un compagno fedele, presente e premuroso. E smetta di picchiarla. Questo desiderio di cambiare il proprio uomo e usando il proprio amore per cambiarlo, non è amore. L’amore implica un enorme rispetto per la natura delle persone, invece se io inizio una storia con l’intento di cambiare l’altro, di farlo diventare più simile a come io lo desiderio significa che non mi va bene così com’è e di fatto non lo sto amando. Ma comunque non lo lascio e me lo tengo: perché non lo lascio?
Ci sono una serie di motivi che dovrebbero spingervi a leggere questo libro scritto da Rose Galante psicoterapeuta, Didatta del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale, Presidente Onorario del Centro di Terapia Relazionale (C.T.R.) di Catania edito da Carthago Edizioni e ve li facciamo dire dalla stessa psicoterapeuta:
“Quando la vittima di abuso è la compagna del maltrattante, la domanda che mi è venuta prima in testa, tanto tempo fa è la stessa domanda degli altri: “Perché non li lasciano?” Questa è seguita dalle possibili risposte che vengono in testa a tutti: 1. Sicuramente sono masochiste e gli piace essere picchiate. 2. Non hanno alternative, soldi e modo per mantenere i loro figli. 3. Non vogliono rinunciare al matrimonio e alla posizione sociale e per questo accettano di essere maltrattate. 4. Sono cresciute con la violenza, ci sono abituate e la accettano. Tutti questi luoghi comuni di parlare del fenomeno sono miti quotidiani e hanno più o meno importanza per le donne ma non sono fattori importanti per spiegare le dinamiche del maltrattamento verso le donne”.
Sono proprio le storie delle donne che la terapeuta ha scelto a raccontarci questi quattro luoghi comuni.
1) Le donne sono masochiste e vogliono essere picchiate.
In tutti gli anni di pratica clinica non ho incontrato una donna che provava piacere nell’essere picchiata, battuta, presa a calci, schiaffeggiata, tagliata, tirata per i capelli, o essere torturata in altri modi mentre si è denigrati e umiliati. Ho incontrato molte donne che sono state definite dal maltrattante come donne che provavano piacere nell’essere picchiate. Se questi maltrattanti avevano potere su di loro e se le donne avevano abbastanza confusione in testa, allora per un po’ di tempo credevano a questo mito quotidiano. Per un po’ di tempo pensavano che fosse vero che provavano piacere o desideravano queste cose. Ma prima o poi si rendevano conto che non volevano avere a che fare con la violenza nonostante quello che affermavano i loro compagni maltrattanti. In media si verificano sette tentativi prima di riuscire a lasciare definitivamente il compagno maltrattante.
2) Non hanno alternative, soldi e modo per mantenere i loro figli.
Assumersi la responsabilità della violenza subita è comune nelle vittime. In qualche modo si consolano perché se sono responsabili di provocare la violenza, possono pensare di poter fare qualcosa per bloccarla. Hanno bisogno di credere che il loro comportamento influisce sul compagno maltrattante per non sentirsi completamente impotenti, in attesa del prossimo ciclo di violenza non prevedibile. La storia di questa donna è molto lontana dal mantenimento dei figli riguarda una dipendenza dal marito e dalle sue manipolazioni che vanno dalle droghe allo scambio di coppia in quanto il denaro viene da persone terze poiché i due, marito e moglie non hanno mai lavorato. Decidersi per lei sarà molto dura ma alla fine riesce nel suo intento.
3) Non vogliono rinunciare al matrimonio e alla posizione sociale e per questo accettano di essere maltrattate.
Una coppia, entrambi medici, che lavorano per il servizio sanitario pubblico e svolgono anche una attività professionale privata, chiedono un aiuto per problemi di depressione. Sebbene la loro insoddisfazione duri da anni, il fattore scatenante sembra sia stato legato ad una infatuazione della moglie per un suo collega, che lei aveva consultato per un parere matrimoniale. Negava un coinvolgimento fisico ma comunque il marito era triste ed inconsolabile. La moglie non riusciva a capire perché il marito volesse abbandonarla per un fatto non accaduto e lui non riusciva a capire come sarebbero potuti tornare assieme dopo questo tradimento. Entrambi soffrivano per delle incontrollabili crisi di pianto. Solo dopo quattro sedute spese nel tentativo di chiarire la storia di questa coppia venne fuori la ragione per la quale la moglie aveva richiesto una consulenza coniugale. Il marito la picchiava attaccandola mentre dormiva. Il ciclo violenza – pentimento – violenza descritto prima non era interrotto sino a quando la moglie accettava il fatto che lei non poteva controllare suo marito. Accondiscendere o non accondiscendere, due opzioni che si risolvevano in violenza. La rivelazione del segreto e la negoziazione della separazione con l’avviso che la moglie avrebbe richiesto aiuto nel caso di un ripetersi degli episodi di violenza interruppe il ciclo. La moglie non avrebbe accettato la responsabilità per la violenza che subiva, ma avrebbe accettato la responsabilità per l’infelicità del marito dovuta alle attenzioni verso un altro uomo. Si dichiarò d’accordo eventualmente a continuare la relazione e a trasferirsi in un altro servizio. Egli fu d’accordo che il suo uso della violenza fisica era inaccettabile in qualunque circostanza e le chiese di restare. Al follow-up dopo due anni la coppia stava bene.
4)Sono cresciute con la violenza, ci sono abituate e la accettano.
È vero che le donne che sono state maltrattate in passato è più probabile che siano nuovamente vittimizzate. Questo perché la violenza provoca emozioni e sensazioni paralizzanti. La combinazione di vergogna, senso di colpa, paura e attaccamento traumatico gradatamente mina anche una personalità inizialmente stabile, trasformandola in debole, insicura e piena di dubbi. Non c’è una risposta semplice per spiegare questo fenomeno. Il libro si propone di fare capire come tutto questo può avvenire. Non è altrettanto semplice rispondere alla domanda su quali siano le donne che si fanno maltrattare. Noi clinici non possiamo dare una risposta esauriente a queste domande e pertanto è bene lasciar parlare le donne. Per questo ho deciso di riportare la storia e le parole di una donna maltratta. Angela è stata inviata da me per trattare la sua ansia e i comportamenti ossessivi e compulsivi che sembrano essere stati provocati dalle reazioni violente del fidanzato che aveva avuto negli ultimi tre anni. Mi faceva ricordare quando una volta un piccolo uccellino
è entrato nella mia casa e, una volta dentro, provava disperatamente sbattendo contro il vetro delle finestre a trovare quella sicurezza e libertà che vedeva al di là del vetro ma non poteva raggiungere. Questa storia aveva avuto un lieto fine. Sarebbe stato così anche per Angela? Avrebbe potuto trovare la strada per arrivare alla libertà, alla sicurezza e liberarsi da questa angoscia? Lei sembrava così piccola e il suo problema sembrava così grosso.
Vi volevamo lasciare con un po’ di poesia che i terapeuti ce l’hanno soprattutto se vogliono entrare in empatia con le donne e Rose Galante già in questo breve assaggio dimostra la sua grande abilità esperienza e umanità che la caratterizza nella sua unicità.