Organizzato dal Centro Antiviolenza Galatea e dal comune di San Gregorio di Catania, il corso alla terza edizione e al secondo incontro è stato veramente travolgente per la completezza, la competenza e l’energia solare della professoressa Iva Marino psicologa clinica e forense che si occupa di clinica del Trauma e Terapia cognitiva della Consapevolezza e di Psicopatologia Postmoderna.
Impossibile mettere per iscritto questa lectio magistralis densa di informazioni di tale ampiezza che un week end non sarebbe bastato ad illustrarle: ma noi siamo donne e le donne quando sono così competenti anche per il loro vissuto personale, riescono a trasmettere insegnamenti che per gli uomini ci vorrebbero mesi, se non addirittura anni.
Quindi abbiamo cercato di sintetizzare i concetti che più ci hanno colpito rimandando ad un’intervista mirata alla professoressa che ci ha promesso anche una collaborazione, per la mia diretta e indiscutibile “felicità narcisistica”. Quindi inizieremo così parlando delle disfunzioni di coppia.
Alcune relazioni sono trappole, insoddisfazioni e frustrazione e fuga dalla realtà: c’è un idillio amoroso iniziale che si riveste di fughe romantiche e successivamente le visioni dicotomiche del “non posso stare con te, non posso stare senza di te”. Parleremo della dipendenza affettiva o relazionale una delle cause maggiori disfunzione della coppia.
Dipendenza affettiva
Nella dipendenza affettiva viene attivato il Circuito della ricompensa per cui a tutti gli effetti si diventa “drogati” dal partner con correlati biologici e neuroscienze del sistema limbico che vengono “innaffiati” dagli ormoni della dopamina e ossitocina.
Chi soffre dei sintomi della dipendenza affettiva ha un forte bisogno di legame nei confronti di una persona dalla quale dipende totalmente e sulla quale investe tutte le proprie energie. Vive costantemente nell’ansia di poterla perdere e ha bisogno di continue rassicurazioni. Di solito ha difficoltà nell’identificare in modo consapevole i propri bisogni ed obiettivi se non in presenza di una figura di supporto o di un contesto che svolga questa funzione.
Ma la dipendenza affettiva nasce anche a causa di uno Stile di Attaccamento, riferendoci a Bowlby, che spesso risiede nello sguardo della “madre” e “l’essere visti” che spesso non ci fa capire che abbiamo a che fare con un rapporto tossico. (Ho chiesto alla dott.ssa Marino di posare il suo sguardo sull’avvocata Maria Concetta Tringali vicepresidente dell’Associazione Antiviolenza Galatea e ne è nata questa bellissima espressione).
Il concetto di narcisismo
In ambito clinico è usato per riferirsi a una regolazione normale o patologica dell’autostima; ci sono quindi vari livelli di gravità, dalla normalità alla patologia.
Il narcisismo normale è caratterizzato da una buona regolazione dell’autostima, c’è un adeguato investimento su di sé, la capacità di prendersi cura di sé e di valorizzarsi in misura adeguata. Nelle relazioni interpersonali l’altro viene percepito nella sua interezza, come persona separata, coi sui bisogni e desideri, c’è capacità di empatia, capacità di preoccuparsi per i bisogni dell’altro e capacità di amare in modo sano.
Nel narcisismo patologico, invece, vi è un egocentrismo eccessivo, i pazienti manifestano grandiosità, senso di superiorità, sperimentano invidia e svalutazione verso gli altri perchè non tollerano di dipendere, di sentirsi mancanti in qualcosa, quindi non sanno essere empatici, tendono, nelle relazioni con gli altri, ad essere emotivamente superficiali e non arrivano ad un profondo coinvolgimento perchè questo li farebbe sentire minacciati nella loro percezione di se stessi come autosufficienti e senza bisogni.
Spesso il partner o la partner del narcisista è il narcisista complementare che differiscono nel meccanismo di difesa utilizzato per coprire un sé debole e insoddisfacente: il narcisista cerca di valorizzare il suo sé attraverso la sua onnipotenza, si bea dell’ammirazione del suo partner; il narcisista complementare cerca di prendere dall’altro un sé idealizzato. Alla fine, non è più chiaro chi si fonda nell’altro e chi prenda in prestito dall’altro il suo sé in un gioco di identificazioni proiettive.
Il narcisista fatica a provare gratitudine e rimorso che implicano saper riconoscere il valore dell’altro e la propria dipendenza. Fa fatica a ringraziare perchè per provare gratitudine bisogna avere un senso sufficientemente positivo e stabile di sé: solo chi è sicuro di sé e tranquillo del proprio valore non sente minacciata la propria integrità quando riconosce il proprio debito verso qualcuno.
Il narcisista non sopporta di percepire i propri difetti, gli risulta difficile quindi chiedere scusa perchè significa sentirsi in colpa. Nella dinamica narcisistica non è centrale la colpa ma la vergogna, tutto ruota intorno alla percezione di sé e della propria immagine.
Le relazioni di coppia con un narcisista di solito ricalcano il cliché di queste tre fasi, occorre puntualizzare che nessuna di esse ha una durata precisa, possono essere cicliche e anche sconfinare una nell’altra.
Bombardamento d’amore (love bombing) o periodo d’oro
È la fase dell’aggancio, dell’innamoramento, delle sensazioni positive. È una fase in cui il narcisista indossa una maschera e si mostra meraviglioso, il partner ideale, tutto ciò che l’altro/a poteva desiderare. Una persona sana, che ha un’autostima solida, in questa fase si dovrebbe accorgere che c’è qualcosa di non autentico in questi atteggiamenti, il partner sta recitando una parte. Ma siccome la “vittima” ha un bisogno enorme di riconoscimento, di valore, si lascia facilmente ingannare. Durante questa fase il narcisista brucia le tappe, può arrivare a parlare di convivenza, matrimonio, figli, e questo ha un duplice scopo: cercare di agganciare la vittima, appagando il suo bisogno di sentirsi di valore, importante, e rassicurandola sulla profondità del legame.
La Svalutazione
Quando ormai sente di aver stabilito un rapporto solido e di avere potere sull’altro, che viene messo in un ruolo secondario, servile. A questo punto si mostra per quello che è: incoerente, poco disponibile, non empatico, non mantiene le promesse, mente, pretende, può avere comportamenti scorretti. Il partner si ribella a questo, perché non corrisponde all’immagine idilliaca mostrata nella fase di bombardamento d’amore, e manifesta disaccordo, esprime critiche, fa delle richieste. In una relazione sana il litigio porta a mettersi in discussione e infine ad arrivare ad un punto di incontro, mentre con il narcisista i litigi non portano da nessuna parte.Per una persona dipendente è troppo difficile chiudere, sembra impossibile fare a meno di lui/lei. La vittima non scappa perché si attacca alla prima immagine, quella vista durante il love bombing, e allora, non potendo rinunciarvi, cade nella trappola della manipolazione: giustifica, perdona, “passa sopra”, si dice che è anche colpa sua, o che è un periodo particolare poi magari le cose cambieranno. Se le manipolazioni non funzionano reagirà con aggressività, in certi casi addirittura con violenza, furore. In alternativa o in aggiunta può dipingere sé stesso come vittima, avere esplosioni di depressione, di disperazione che servono a ripristinare l’ordine iniziale, perché una persona empatica, di fronte a tanto dolore esibito cederà facilmente alla tentazione di accorrere, accogliere, accudire. Se però questo non accade, al narcisista rimarrà solo una carta da giocarsi, ovvero lo scarto.
Lo Scarto
Lo scarto consiste in una rottura drastica, fatta in modo sprezzante, da un momento all’altro, senza avvisaglie. Annientare la vittima è l’ultima arma a disposizione del narcisista, per cui sceglie con cura la data e il momento, selezionando situazioni in cui il partner è particolarmente fragile (per esempio dopo una malattia, un lutto). L’intento è distruggere in modo crudele quando l’altro ha meno risorse per reagire, perché sotto shock.
Lo scarto spesso è preparato con cura in anticipo, così come da tempo è possibile che il narcisista parli alle spalle del partner con amici e parenti, dipingendolo/a come una persona negativa, instabile, problematica, e convincere gli altri che è lui la vittima. Lo scarto serve per ripristinare l’immagine grandiosa perché l’altro, annientato, disprezzato non è più una minaccia alla propria autostima e indebolire l’altro in modo da tenerlo a disposizione, perché è possibile che in futuro ci sarà un nuovo tentativo di aggancio.
Il narcisista: la scelta della “preda”
Il narcisista sceglie “prede” con particolari caratteristiche: si tratta di persone empatiche, sensibili, che hanno una propensione all’autosacrificio, che sono quindi abituate a mettere al centro i bisogni dell’altro, trascurando i propri. Sono persone che in quel momento sono fragili, vulnerabili, hanno un’autostima bassa. Il narcisista fiuta questa vulnerabilità da lontano, così come la disponibilità, il calore umano, l’empatia, elementi che costituiscono il suo nutrimento emotivo, caratteristiche della preda che alimentano l’ego del narcisista, perché lo fanno sentire importante, l’idolo del partner, e quindi un dio che ha diritto di essere adorato e magnificato.
Lo stalker: la scelta della “preda”
Ma anche lo stalker conosce “l’odore” della sua preda. Lo stalking, dall’inglese “stanare la preda”, e lo stalker su cui soffermeremo può essere di vari tipi, che a volte non riusciamo nemmeno a capire che si tratta proprio di questo tipo di violenza e che potremmo anche prevenirla conoscendola:
Il risentito
Il “risentito” rappresenta, di solito, un ex-partner che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivi ingiusti. Agisce ledendo direttamente la persona, la sua immagine o le sue proprietà (casa, macchina, ecc). È il tipo di stalker che pubblica sul web foto o immagini private, aspetta fuori casa o segue la vittima, danneggia la sua macchina: ogni comportamento è giustificato dal molestatore sulla base del danno che crede di aver subito, e che in un certo senso lo legittima a rispondere.
Il bisognoso d’affetto
Il “bisognoso d’affetto” è invece quello stalker che è spinto dal bisogno di creare una relazione affettiva con la vittima. Ogni segnale di vicinanza o di confidenzialità espressa dalla vittima viene riletta come chiara espressione del desiderio di contatto e vicinanza emotiva, che giustifica quindi i comportamenti di avvicinamento.
Il corteggiatore impacciato
Il “corteggiatore impacciato”, invece, risulta imbranato in termini relazionali e per questo inadeguato all’entrare in relazione con la vittima, che si sente oppressa, “invasa” e aggredita.
Il predatore
Il “predatore” è quello che solitamente è mosso dal desiderio di avere un contatto di tipo sessuale con la vittima, direttamente proporzionale alle reazioni di paura di quest’ultima.
Questa fugace quanto variegata carrellata di tipi umani ed inumani ha il precipuo scopo di renderci sempre più consapevoli e coscienti di tutte le tattiche del “non amore, della relazione tossica, del narcisismo patologico esercitato dagli uomini maltrattanti e perché no? A volte anche dalla rete di parenti e amici a cui noi permettiamo di manipolarci.