Il saggio di Nicola Bizzi“L’Estasi Iniziatica da Giordano Bruno ad Arturo Reghini”

Editore, storico e ricercatore, Nicola Bizzi in una meravigliosa videointervista ci racconta che cos’è l’estasi iniziatica, l’estasi filosofica e come riuscire a perseguirla attraverso le parole di grandi filosofi come Giordano Bruno e Arturo Reghini. Proprio quest’ultimo personaggio vissuto negli anni 20 del novecento è stato da lui studiato in maniera approfondita lasciandoci diverse prove e possibilità di accedere anche noi alla “coscienza immateriale” della divinità che dimora nel nostro corpo

L’Estasi Iniziatica da Giordano Bruno ad Arturo Reghini edito da Aurora Boreale Edizioni, ha un’introduzione a cura di Boris Yousef dal titolo “Estasi filosofica, ascensione o connessione con i registri akashici?”, che illustra perfettamente il tema del libro. È talmente sintetica ed esaustiva che abbiamo deciso di pubblicarla integralmente. “Che cos’è esattamente l’estasi (dal greco ἔκστασις, letteralmente “essere fuori”), quello stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che viene percepita da chi intensamente lo vive come “estraniata” dal corpo? Quali i suoi legami con la Filosofia (da intendersi quale Sapere Sacro o come amore per la Divina Sapienza) e soprattutto con la morte mistica e l’esperienza iniziatica degli antichi Misteri? Che cos’è il pensiero e come controllarlo per elevarsi a piani superiori di coscienza? Tutte le grandi Scuole iniziatiche del passato, dall’Orfismo al Pitagorismo, ma soprattutto i Misteri Eleusini, insegnavano che bisogna morire e rinascere per poter poi ascendere ed elevarsi. Ma questa ascensione può essere in qualche modo assimilabile all’Estasi Filosofica? Grandi filosofi dell’antichità, da Socrate a Platone, da Plotino a Porfirio, ci hanno parlato dell’esperienza dell’Estasi Filosofica quale pieno ricongiungimento con l’Assoluto, con il Fine Supremo. E se essa comportasse anche e soprattutto una piena connessione con l’Anima Mundi o con i Registri Akashici? Da Giordano Bruno a Tommaso Campanella, fino – in tempi a noi più vicini – ad Arturo Reghini ed Amedeo Rocco Armentano, alcuni autentici Iniziati hanno tentato di rispondere a queste domande. E lo hanno fatto con cognizione di causa, da Contemplari, avendo in prima persona avuto la facoltà e l’opportunità di vedere oltre, di scostare l’impenetrabile velo di Iside. In questo suo nuovo e sorprendente saggio, Nicola Bizzi, Libero Muratore e iniziato eleusino, ma soprattutto uno storico e ricercatore particolarmente attento ai temi della spiritualità e dell’antica misteriosofia, affronta magistralmente uno degli aspetti meno noti e sondati dell’antica Filosofia e della Tradizione Misterica occidentale nel suo complesso, offrendoci in dono innumerevoli spunti di riflessione”.

Nicola Bizzi: “Nel mondo classico e nell’antichità pre-cristiana l’uomo era più vicino agli Dei e, al contempo – in un reale scambio e connubio – gli Dei erano più vicini all’uomo. E proprio dagli Dei gli uomini avevano ricevuto precisi insegnamenti, regole e dottrine e le risposte ai più grandi quesiti che l’umanità, sin dalla sua uscita dalle caverne, aveva iniziato a porsi: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Nessun autore, nessun filologo o nessun sedicente “filosofo” moderno potrà mai fornirci le corrette chiavi di lettura della Philo-Sophia antica, e in particolare di quella platonica e neoplatonica. Tali chiavi di lettura, a meno che non ci si accontenti degli aspetti più esteriori (dell’involucro, potremmo dire), le si raggiungono in soli due modi: attraverso un’Iniziazione misterica e il relativo processo graduale di elevazione/apprendimento sotto l’attenta guida di un Mystagogo, o, in maniera profana (e quindi necessariamente incompleta o parziale), attraverso una prolungata e faticosa attenta lettura dei testi dei Maestri del passato, accompagnata da una propedeutica ma indispensabile spoliazione catartica di ogni pregiudizio preconcetto dettato dai condizionamenti socio-culturali e religiosi del mondo contemporaneo”.

E Reghini tornò a parlarne due anni dopo su Ur, e stavolta in termini più chiaramente autobiografici, sia pure sotto il velo del semianonimato rappresentato dal suo pseudonimo Pietro Negri, come della “coscienza della immaterialità:

“Circa quattordici anni fa stavo un giorno, fermo ed in piedi,

sul marciapiede del Palazzo strozzi a Firenze, discorrendo con un

amico; non ricordo di che ci intrattenessimo (…). Era una giornata

affatto simile alle altre, ed io mi trovavo in perfetta salute di corpo

e di spirito, non stanco, non eccitato, non ebbro, libero da preoccupazioni

ed assilli. E, ad un tratto, mentre parlavo od ascoltavo,

ecco, sentii diversamente: la vita, il mondo, le cose tutte; mi accorsi

subitamente della mia incorporeità e della radicale, evidente,

immaterialità dell’universo; mi accorsi che il mio corpo era in me,

ossia al centro profondo, abissale ed oscuro del mio essere. Fu

un’improvvisa trasfigurazione; il senso della realtà immateriale,

destandosi nel campo della coscienza, ed ingannandosi col consueto

senso della realtà quotidiana, massiccia, mi fece vedere il tutto

sotto una nuova e diversa luce; fu come quando, per un improvviso

squarcio in un fitto velario di nubi, passa un raggio di sole,

ed il piano od il mare sottostanti trasfigurano subitamente in una

lieve e fugace chiarità luminosa. Sentivo di essere un punto indicibilmente

astratto, adimensionale; sentivo che in esso stava interiormente

il tutto, in una maniera che non aveva nulla di spaziale.

Fu il rovesciamento completo della ordinaria sensazione umana;

non solo l’Io non aveva più l’impressione di essere contenuto, comunque localizzato, nel corpo; non solo aveva acquistato la percezione

della incorporeità del proprio corpo, ma sentiva il proprio

corpo entro di sé, sentiva tutto sub specie interioritatis. (…). Fu

un’impressione possente, travolgente, soverchiante, positiva, originale.

Si affacciò spontanea, senza transizione, senza preavvisi, come

un ladro di notte, sgusciando entro ed ingrandendosi col consueto

grossolano modo di sentire la realtà; affiorò rapidissima affermandosi

e ristando nettamente, tanto da consentirmi di viverla

intensamente e di renderne conto sicuro; eppoi svanì, lasciandomi

trasecolato”.

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