Il saggio “Dove sono gli uomini responsabili” di padre Vittorio Rocca spazia in maniera molto naturale e attenta dalla teologia, filosofia, psicologia, sociologia mantenendo un fil rouge che è dettato da un’esigenza incontrovertibile di tutto ciò che viene dato per scontato in questo campo. Spesso in un’ottica estremamente religiosa l’essere umano non riesce ad integrare il ruolo della propria responsabilità nella vita di cristiano devoto: è inutile andare a messa ogni giorno se poi non corrisponde al nostro stile di vita, evidenzia uno squilibrio fra la nostra religiosità formale e l’impegno della giustizia. Bisogna incontrarsi nella responsabilità verso il mondo che non è altro che obbedienza a Dio al suo progetto al suo sogno. Bisogna incontrarsi nella coscienza è questo vale anche per i non credenti. Per questo continuiamo a intervistarlo sugli argomenti trattati nel saggio.
Susanna Basile: “Siamo chiamati a formare la coscienza, non a sostituirla” ci vuole spiegare cosa intendeva papa Francesco con questa esortazione?
Vittorio Rocca: È una citazione di un documento importante del Papa, l’Amoris letitia, sulla famiglia. Francesco afferma la centralità e il primato della coscienza morale di ogni persona. Quindi, di conseguenza, nessuno può sostituirsi ad essa. Rispettare la coscienza significa infatti rispettare quanto di più prezioso ciascuno ha: la propria stessa dignità di essere umano. La coscienza possiamo e dobbiamo aiutarla a maturare, a crescere, a formarsi e mai a farne a meno.
S.B.: “La crisi di identità personale dei singoli”: considerando la situazione attuale da cosa è stata determinata?
V.R.: Cantava Franco Battiato: “Cerco un centro di gravità permanente…”. La crisi di identità ci ha fatto smarrire questo “centro”. La situazione attuale nella quale ci troviamo la si può paragonare a quella di chi cammina ma senza sapere bene dove va o dove si trova. Si cammina ma senza orientamento e meta. La coscienza morale invece è la bussola che fornisce le coordinate al nostro cammino esistenziale.
S.B.: Una soluzione potrebbe essere: “La funzione della coscienza è di personalizzare le esigenze del nostro essere e vivere in Cristo, di concretizzarle e applicarle in ogni situazione concreta” ci spiega in che modo?
V.R.: Se la coscienza è come una bussola, essa ci fornisce le modalità per poter affrontare il viaggio della vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Poi, per un credente, per un cristiano, questa bussola è guidata dalla stella polare che noi chiamiamo Cristo Signore.
S.B.: L’affermazione del cardinale Newman: “Ho sempre sostenuto che l’obbedienza anche a una coscienza erronea costituisce la via per raggiungere la luce”.
V.R.: Per il cardinal Newman la coscienza è il primo riferimento di ogni persona per cercare e trovare la verità, la luce. Ecco perché non va mai trascurata o disattesa. Va sempre ascoltata. Anche quando questa sembra sbagliare. Tuttavia, se io sono nel dubbio circa le scelte da compiere o sono addirittura certo di sbagliare, allora non posso giustificarmi dietro le scelte di coscienza.
S.B.: Lo Spirito Santo, la coscienza e il catecumenato: può spiegarci la relazione tra questi tre “concetti”?
V.R.: Qui entriamo nello specifico della coscienza morale di un cristiano battezzato. Noi crediamo che con il sacramento del battesimo (“catecumenato”) lo Spirito Santo abita nel cuore di ogni fedele. Quindi la coscienza è abitata da questa Presenza divina ed è perciò stessa potenziata. Essa diventa davvero, ancor di più, l’organo che ci permette di “sentire” la voce di Dio, che non è una voce esterna a noi in quanto è in noi grazie proprio allo Spirito Santo. Sant’Agostino proprio per questo definisce lo Spirito Santo il “Maestro interiore”.
S.B.: Qual è la funzione dei tre sacramenti dell’Iniziazione cristiana, Battesimo, Cresima ed Eucarestia?
V.R.: Sono i tre sacramenti fondamentali della vita cristiana. Col battesimo ci si immerge nella vita trinitaria e si diventa membro del Corpo di Cristo che è la Chiesa. La cresima conferma questo dono e conferisce il compito di testimoniare l’appartenenza a Cristo. L’eucarestia è il nutrimento continuo, il pane del cammino, il viatico per la vita eterna. Vivere l’eucarestia significa vivere nell’unità e nella donazione verso gli altri, diventare pane per la vita degli altri, così come Gesù.
S.B.: Perché è utile tener presente le due coordinate: la psicologia dell’età adolescenziale o evolutiva e l’odierno contesto socio-religioso?
V.R.: La coscienza morale dice riferimento alla persona. Dire coscienza vuol dire riferirsi a ciò che abbiamo di più prezioso ed intimo nella nostra persona. Ciò rimanda alla formazione della persona che inizia con l’età evolutiva. Le discipline psicologiche e in genere le scienze umane sono, da questo punto di vista, imprescindibili. Noi siamo il frutto del nostro ambiente, dell’educazione ricevuta, di ciò che è stato seminato in noi. Se il nostro percorso evolutivo è stato “sano” noi saremo delle persone adulte mature, equilibrate, responsabili.
S.B.: “Cristiani non si nasce, ma si diventa”, affermava nel III secolo Tertulliano.
V.R.: Il detto di Tertulliano manifesta la convinzione che l’essere cristiani non è un dato statico ma, al contrario, necessita di un cammino, di un dinamismo, di un impegno. In fondo è questa la vita morale: diventare ciò che siamo chiamati ad essere. Un impegno che non è volontarismo, ascetismo, bensì risposta ad un dono. Diceva un altro grande autore dei primi secoli dell’era cristiana, Leone Magno, in riferimento al dono immenso del battesimo: “cristiano, riconosci la tua dignità e diventa ciò che sei”.
S.B.: Come contestualizzare nella vita cristiana: la catechesi, la conversione, la liturgia, e la collaborazione alla vita ecclesiale?
V.R.: La vita cristiana non va considerata come qualcosa di isolato, decontestualizzata dalla vita comunitaria. Sono cristiano nella misura in cui partecipo attivamente e responsabilmente alla comunità, con tutte le dimensioni tipiche di una comunità ecclesiale: la catechesi, la liturgia, la carità. L’attuale cammino sinodale – voluto fortemente da papa Francesco – proprio questo vuol fare riscoprire e mettere in pratica nel concreto.
S.B.: Come sostenere e orientare la formazione della coscienza?
V.R.: La formazione della coscienza va sostenuta e orientata da tutti e da ciascuno. Penso anzitutto ai genitori (si parte sempre dalla famiglia), e poi alla scuola, agli ambienti aggregativi, alla Chiesa e così via. Occuparsi della formazione della coscienza vuol dire occuparsi del bene delle persone e del bene della società, del mondo. Se non ci si impegna tutti in questo compito, se non diamo il nostro piccolo/grande contributo, l’umanità rischia di smarrire sé stessa, rischia di brancolare nel buio, senza orientamento, meta, presente e futuro.