L’idea di Appunti di Vini è quella di mettere in contatto i produttori tra di loro, i consorzi, le strade del vino, i sommeliers e poi di fare conoscere nord, sud, est e ovest sulla storia del vino, sulla cultura del vino e sulla mistica del vino. Io sono Susanna Basile, sono una giornalista e anche una psicologa delle famiglie del vino, della birra e dell’olio.
Quindi l’idea è proprio quella di creare un salotto che possa in qualche modo, in maniera più o meno informata, dare delle informazioni in questo senso tra varie agenzie, vari personaggi nell’ambito dell’Italia per fare conoscere meglio la nostra realtà. Oggi siamo in compagnia di Camillo Privitera che essendo un uomo poliedrico in questa puntata lo intervisteremo come sommelier e produttore di vino etneo e appassionato di champagne perché di champagne parleremo.
Camillo Privitera: Lo Champagne è un vino universale. Se vai sulla luna e dici champagne sanno di che cosa stiamo parlando.
Susanna Basile: E oltre, direi così e oltre. Noi ci siamo conosciuti così, ci siamo conosciuti nel suo bellissimo vigneto di cui parleremo perché faremo una puntata appositamente. E abbiamo conosciuto il Camillo Champagne, perché in questo caso è rituale questo discorso, una sera per quest’estate dove lui ci ha raccontato, ci ha rappresentato una serie di champagne uno più interessante dell’altro. E quindi abbiamo invitato stasera perché vorremmo conoscere un po’ la storia dello champagne, da dove viene, la zona e via dicendo.
Camillo Privitera: Partiamo da dove nasce questa passione per il vino. Poi lo champagne è un po’ una conseguenza. È un qualcosa, un percorso che si è sviluppato nel tempo.
Perché poi dello champagne cosa ci interessa, di là del blasone, dell’immagine, del sentito dire, spesso appunto troppo sentito dire ma poco conosciuto rispetto a quello di cui di cui si parla. Dello champagne quello che è interessante secondo me è ovviamente la storia, il mito, come si è potuto realizzare questo mito, i grandi personaggi, soprattutto grandi personaggi femminili che hanno reso importante un territorio, hanno reso importante un vino. Ma poi soprattutto lo champagne, quel vino, per chi il vino lo ama come me, lo beve come me e in qualche maniera tenta anche di produrlo per fare qualcosa che non sia solo una bevanda alcolica che piace a tutti, ha quegli strumenti tecnici e concettuali per poter ragionare di stile.
Nel senso che si può fare un buon champagne così come si può fare un buon vino che sia gradevole e piacevole per tutti, ma ovviamente nel fare i vini quello che può diventare determinante ai fini della qualità di un prodotto non sono le specificità tecniche o organolettiche che ci sono dentro, dentro una bottiglia e ovviamente dentro un calice, ma sono altresì quelle qualità organolettiche che ne esprimono un’idea di vino, un concetto di vino che noi poi concretizziamo con alcuni termini che possono essere la piacevolezza del vino, l’eleganza del vino, la tipicità del vino, la territorialità del vino, che sono cose un po’ più difficili da spiegare ad esempio rispetto al colore, colore giallo paglierino, colore rosso rubino, alla consistenza più o meno consistente. Quel vino che ti mette nelle condizioni di andare a cercare l’intimità più profonda del vino, che è fatta di che cosa? Che è fatta di ambiente, che è fatta di territori e che è fatta soprattutto di una scelta che è la scelta che fanno gli uomini quando decidono di coltivare una vigna, come coltivarla, come gestirla e via e via, perché il risultato di questa idea del vino si trasforma in azioni che sono le azioni che noi facciamo in vigna, si trasforma in azioni che sono le azioni che noi poi facciamo in cantina per avere un risultato quanto più vicino all’idea di vino che noi ci siamo fatti. Ecco, in tutto questo noi poi utilizziamo una serie di parole, di termini, appunto territorialità, tipicità, eleganza, piacevolezza, gradevolezza, eccetera eccetera, che dovrebbero in qualche maniera spiegare non tanto se il vino è buono, ma invece quanto il vino è più si confà a quel territorio, a quel vitigno, a quell’ambiente e a quella filosofia di produzione.
Ecco, in tutto questo ragionamento lo champagne, sia per quello che riguarda l’aspetto tecnico, sia per la sua storia, sia per come oggi noi possiamo assaggiare e degustare diverse tipologie di champagne, è forse quel vino che meglio può rendere, può rendere un po’ questa idea di stile. Ogni maison ha un suo stile, ogni vignaiolo crea un suo stile, al di là ovviamente della qualità e su questo per esempio dal punto di vista tecnico si fanno delle operazioni, sia in vigna che in cantina, per esempio delle vendemmie anticipate, posizionare i vigneti in determinate aree, in determinati versanti, sfruttare al meglio quelli che sono i costituenti del suolo, lavorare la vigna in funzione anche di ottenere determinate cifre stilistiche del vino, decidere per esempio più o meno se una fermentazione come deve essere svolta, nel caso dei bianchi si o no la malolattica, l’utilizzo dei legni, tutto questo è vero che sono aspetti tecnici ma nel contempo determinano lo stile che poi un produttore vuole raggiungere.
Susanna Basile: Io per esempio mi sono fatta una piccola esperienza perché non avevo la più pallida idea, l’anno scorso siamo stati con il gruppo Onav a Champagne Experience a Modena, chiaramente 160 cantine più di 400 champagne in un giorno è impossibile, ci vorrebbe almeno un mese secondo me per assaggiare come si deve tutti gli champagne, però mi sono fatta un’idea che non avevo proprio completamente, perché considerando la mia fascia di età, gli champagne che c’erano una volta in Italia erano sempre quelli classici, due tre, quelli sempre uguali, quelli che trovavi, quelli antichi più o meno, invece oggi c’è una varietà infinita di champagne anche all’interno della regione, dal più piccolo al più grande perché abbiamo assaggiato un po’ tutti, c’è una ricerca come dicevi tu.
Una ricchissima varietà che nasce un po’ dalla storia di quello che è lo champagne, considera che al di là delle grandi maisons, una parte dei vigneti sono di proprietà, ma molto spesso, come dire, comprano uve da piccoli vignalioli, considera che la proprietà in champagne è molto spezzettata, questo da un organizzazione che deve per forza consentire ai viticoltori di poter vendere l’uva a un prezzo adeguato per poter sussistere, hanno un’organizzazione quasi una sorta di sindacato da questo punto di vista, hanno un’organizzazione di ricerca, di studi molto ben sviluppata e radicata, costantemente sul pezzo, in questo momento ad esempio in Champagne (regione) e le problematiche legate alla sostenibilità ambientale e chiaramente ai cambiamenti climatici, come in moltissime altre aree del mondo, sono fortemente presenti e su cui sia il Centro Interprofessionale per lo Champagne, sia le maisons stanno già operando da qualche tempo delle ricerche e facendo delle sperimentazioni proprio per cercare un poco di comprendere e di realizzare prodotti in linea con il loro stile ma in linea anche con quello che sono le problematiche legate, ripeto, sia alla sostenibilità che ai mutamenti climatici. Però dico questo per dire un po’ che quando parliamo di un vino come questo, come lo Champagne, molto blasonato, molto conosciuto, non è che il blasone, l’importanza e il valore si realizza solo ed esclusivamente perché si è fatto una promozione. I francesi nella promozione sono i primi in assoluto dappertutto, questo è un dato di fatto, ma dietro questo, ma lo vediamo anche in molte realtà italiane, c’è studio, c’è ricerca, c’è approfondimento, insomma ci sono tutta una serie di condizioni che permettono a questo vino di avere una capacità di rinnovarsi momento dopo momento.
Loro poi sono bravissimi nel cavalcare l’onda. I grandi personaggi della storia, guarda caso, anche se su fronti bellici diversi, penso a Metternich, penso a Napoleone, penso ai tedeschi e penso a Churchill, sono tutti appassionati di Champagne. Lo zar di Russia era in guerra contro la Francia napoleonica, però beveva Champagne.
Conosciamo tutti la storia del Cristal per come nasce e per come viene appunto venduto e commercializzato. Questo per dire che oggi paradossalmente anche considerando un po’ la storia attuale di quella contemporaneità storica con le problematiche che abbiamo dal punto di vista bellico, forse mettere tutti a tavola, qualcuno l’ha già detto, per cui attorno a un calice di Champagne e discutere seriamente dei problemi forse ci potrebbe aiutare. Lo Champagne è quindi alle origini antiche anche se non era frizzante all’inizio.
Lo Champagne non era frizzante, anzi fino all’Ottocento la gran parte della produzione era uva baccarossa. Poi chiaramente i vini rossi della Champagne per importanza, per struttura, per corpo, per stile, per qualità, eccetera, non potevano ovviamente competere con gli altri vini di Francia in modo particolare con la Borgogna. Quindi diciamo si è reso necessario proprio per una questione di sopravvivenza di voler cambiare vitigni e di conseguenza anche modello di vino.
Modello di vino che noi conosciamo tutto un po’ la storia di Dom Pérignon, quasi come se lo Champagne di fatto l’avesse creato Dom Pérignon e questo in parte è vero, anche se sappiamo ormai da documenti storici che la fermentazione in bottiglia, cioè i vini con le bolle, in realtà e ci sono degli scritti di Bacci, insomma già nel Cinquecento-Seicento esistevano ed erano conosciuti anche nelle marche, per cui anche in Italia. Ma dico al di là della primogenitura quello che è importante perché a fronte anche di accadimenti storici bellici, perché ricordiamoci che nelle dinamiche di un territorio quelle che sono le scelte politiche, quelle che sono gli accadimenti storici diventano importanti poi per indirizzare anche le problematiche ambientali. Pensiamo al caso per esempio della Fillossera.
La Fillossera di fatto in qualche maniera è la prima presenza in Europa proprio riscontrata a Mesnil, in Champagne e di conseguenza hanno consentito, hanno permesso nel bene e nel male poi di ripensare tutto un sistema di produzione e poi successivamente di commercializzazione di questo vino. Per cui se mettiamo assieme ambiente, territori, politica, scelte politiche e appunto accadimenti storici, noi oggi ci ritroviamo ad avere un prodotto che rispetto a quella che era la situazione di un impianto con preponderanza di viticoltura a bacca rossa via via ha ceduto il passo a quel vino con le bolle che conosciamo noi che nasce appunto da rifermentazione in bottiglia. Ricordo così a concludere proprio tecnicamente un po’ il discorso che la Fillossera ha di fatto messo nelle condizioni di ripensare anche il modello di impianto dei vigneti, perché prima i vigneti erano molto fitti e coltivati in maniera anche abbastanza disordinata.
Ripensare gli impianti e metterli in linea pur non abbandonando la quantità di piante per ettaro, cioè mantenendo un numero di piante per ettaro abbastanza significativo, però questo ha consentito un miglioramento per quello che riguarda la produzione ma per quello che riguarda anche le esposizioni al sole e di conseguenza per lo champagne, questo è un ragionamento che si potrebbe fare anche per altre realtà, ha permesso anche come dire una maggiore produzione in pianta appunto delle uve affinché circoli meglio l’aria, affinché ci siano migliori esposizioni e dunque oggi abbiamo una vigna in Champagne che è il frutto di queste evoluzioni.
L’anno scorso, meno di un anno fa, sono stato appunto Champagne e addirittura le grandi Maisons stanno ragionando e stanno sperimentando proprio a causa dei cambiamenti climatici di ritoccare quelli che sono i modelli di impianto e addirittura anche di ragionare su, di introdurre delle varietà che possono meglio adattarsi appunto a questi cambiamenti che sono in atto. E’ un ragionamento in realtà che si sta facendo in Borgogna, che si sta facendo a Bordeaux e devo dire in qualche caso anche in Italia, ma in Italia abbiamo una fortuna straordinaria che è quello di avere un magazzino enorme naturale, un magazzino naturale che sono circa 1600 varietà ampelografiche ancora da studiare, per poterle eventualmente integrare o sostituire i vitigni che già abbiamo. In qualche caso si è già iniziato a fare.
Susanna Basile: Bene, però mi piaceva, visto che c’ho te, iniziare a parlare anche un po’ della storia, di come è successo che a un certo punto è stato dalla pressatura del vino rosso si comincia ad ottenere un vino bianco, come dicevi tu prima, perché i vini rossi è difficile competere con quelli della Borgogna, quindi se ne sono andati verso il bianco dai rossi, dal pinot nero anche, perché mi ricordo che abbiamo bevuto champagne dal pinot rosso.
Camillo Privitera: Allora, giusto per legare un po’ anche con quello che ci siamo detti, prima della fillossera, ma questa in Francia come in molti altri territori, c’era una varietà di vitigni abbastanza importanti, alcuni addirittura progenitrici, tipo il morillon noir, si pensa sia il progenitore del pinot nero e altri. Addirittura lo chardonnay è stato classificato, identificato come chardonnay in circa un secolo, un secolo e mezzo fa. Se consideriamo che in Italia vitigni come, vi faccio un esempio, del pignoletto dei colli bolognesi è di fatto riconosciuto dal punto di vista identitario circa una quarantina, una quarantina di anni fa. Questo per dire anche le tempistiche fra un uovo e un’auto, questo anche per dire come la ricerca sui vitigni in Francia, appunto, l’importanza e il valore si acquisisce non solo perché si è bravi a commercializzare, ma perché si è stati bravi anche a fare ricerche, a fare studi e iniziati appunto parecchio prima.
Iniziamo questo processo con l’avvento della fillossera ha comportato poi una trasformazione di questi vitigni, ha fatto sì che le caratteristiche ambientali, soprattutto di quell’area dove, badate, c’è una piovosità minore che sul versante est dell’Etna, giusto per dare un riferimento, cioè nell’area dello Champagne piove meno che fra Acireale, Zafferana, Santa Venerina e Milo. Però nel contempo ci sono condizioni climatiche abbastanza difficili, una volta avremmo detto siamo ai limiti della viticultura, oggi di fatto non lo possiamo più neanche dire perché sappiamo che ci sono aziende che producono in Danimarca, in Svezia, chiaramente sono allo stato ancora iniziale, lo spumante metodo classico ormai da diverse decine d’anni si produce anche nel sud della Spagna, questo per dire che cosa? Che quella mutazione di produzione all’epoca sia realizzata perché alcuni vini ovviamente per quelle condizioni ambientali non riuscivano a sviluppare, quelle uve non riuscivano ad avere piene maturazioni e di conseguenza rimanevano, avevano un’impronta acida molto marcata, con quest’impronta acida chiaramente l’unica cosa significativa da poter fare era fare dei vini, dei vini che poi diventavano mossi con un processo di rifermentazione, il processo è molto semplice considerando che diciamo a grandi linee il blend di uve che viene utilizzato normalmente per gli champagne, il Pinot Noir, il Pinot Meunier, lo Chardonnay, si fa una cosa molto semplice, ormai abbastanza conosciuta da tutti, considerando che la parte antocianica cioè la parte colorante si trova nella buccia, se noi togliamo immediatamente la buccia avremmo di fatto un mosto bianco che poi viene ulteriormente con i vari procedimenti enologici viene ulteriormente illimpidito per cui da un Pinot Nero, uva bacca rossa possiamo tranquillamente ottenere un vino, un vino bianco, questo lo si fa chiaramente per i vini spumanti ma ormai si fa anche per parecchi vini fermi, nel mio territorio esistono dei vini da Nerello-Mascalese vinificati in bianco, in una zona verso l’Agrigentino ci sono delle cantine che vinificano in bianco anche il Nero d’Avola per cui ottengono vino bianco e questo consente di avere i vini un po’ meno strutturati con un rapporto a favore dell’acidità che è un elemento fondamentale per la cottura di vini spumanti e di conseguenza poi con la seconda fermentazione di poter sviluppare quella bolla, quelle bollicine che non è solo anidride carbonica ovviamente affinché noi possiamo avere dei vini effervescenti, dei vini spumanti. Questo detto chiaramente in maniera molto basica, il procedimento è un po’ più complesso in quanto chiaramente in base al tipo di vino che noi vogliamo fare, bisogna decidere di fare una serie di operazioni.
Faccio un esempio, noi sappiamo per esempio che il processo di rifermentazione del vino, fatto il vino a base e poi facendolo rifermentare con l’inoculazione di lieviti, in bottiglia ci può stare da un minimo che può essere in base ai vari disciplinari, facciamo pure dai 12 mesi ma sappiamo che ci sono dei vini che stanno anche 10, 12, 14 e più anni affinati sui lieviti per sviluppare tutta la loro ricchezza, la loro complessità. Gli stessi vini base possono essere trattati per spumanti veloci da bere in un arco di tempo relativamente breve ma possono essere anche ad esempio affinati o lasciati maturare in dei legni affinché si possano rafforzare dal punto di vista della struttura del corpo. Questo fa sì che noi possiamo tranquillamente scegliere fra gli spumanti e gli champagne da bere.
Fra champagne molto freschi, 24 mesi, 30 mesi, 36 mesi di sosta sui lieviti e sono praticamente la quasi totalità di champagne che noi normalmente beviamo ma esiste una categoria di champagne che sono grandi vini, grandi spumanti, grandi champagne di corpo, di struttura che praticamente possiamo abbinare qualsiasi cosa proprio per la dimensione, addirittura quasi per la masticabilità dove la formazione del perlage è qualcosa di veramente straordinario dal punto di vista del gusto perché quella bolla molto fine, molto sottile, molto compatta racchiude non solo CO2 ma è un elemento che si nutre anche di quei sedimenti che per dieci e più pass anni magari sono stati appunto a contatto con il liquido della bottiglia e sono veramente delle sensazioni che dal punto di vista del palato ci danno delle note vellutate. È chiaro che dal punto di vista organolettico i vini più freschi avranno dei riconoscimenti che vanno sulla frutta, sul floreale, sulla crosta di pane, mentre i vini più evoluti addirittura possono avere dal punto di vista tattile anche un leggero profilo tannico proprio perché hanno spessore e addirittura acquisire delle note che possono ricordare dei distillati, per esempio i sentori di Calvados, i sentori di alcune note di fumé, la gamma di prodotti su cui oggi si può orientare sullo champagne, sono veramente tantissimi, è un problema solo di tasca.
Susanna Basile: Un’altra curiosità che mi ha lasciato di stucco quando questo è stato fatto la presentazione di quegli champagne è il luogo, i luoghi in cui veniva conservato lo champagne, la grande fortuna che aveva avuto questo vino, parlavi tu di gallerie infinite, che origini hanno?
Camillo Privitera: Beh lì un po’ di colpa ce l’hanno i romani, perché ne possiamo dire di tutto e di ogni, però è stato un popolo straordinariamente laborioso, se pensiamo che ancora molte delle loro opere funzionano perfettamente ancora oggi, che chiaramente non hanno costruito quelle gallerie per affinare il vino, ma le hanno scavate quelle gallerie per avere materiale da costruzione.
Però io se permetti vorrei leggerti un passo, un libro che ha fatto Piero Accolti, parliamo fine anni 60, questo per dire quando ancora noi in Italia, al di là di alcune zon,e il vino era una massa di vino eccetera, e dice a proposito di quelle gallerie dice una roba del genere, “il capriccio del padre eterno è avvenuto a 30 metri sotto i piedi, nell’umido buio delle gallerie, una scenografia come nelle zone horror del Luna Park, con gratuite allucinazioni che lasciano pensare improvvise apparizioni di pipistrelli”, – e continua -, “è strano immaginare che in un ambiente buio e carbonaro nasce lo champagne, in quest’ambiente grigio e melanconico sono costuditi, riposano ed evolvono tesori di spensieratezza”, ma su questo per esempio qualcuno ha tracciato anche un po’ il profilo del contadino della Champagne, è un po’ ombroso, un po’ riservato, perché è vero che non piove tantissimo come appunto dicevo sull’Etna, però diciamo che le giornate di sole non sono come quelle che possiamo trovare in Italia o in Sicilia. In un ambiente così adombrato, che si riscontra anche nel carattere dei vignaioli, viene fuori un vino che è il simbolo della spensieratezza, della felicità, della festa, della gioia, delle ricorrenze eccetera.
Susanna Basile: Come affresco in generale sullo champagne va bene così, perché secondo me hai dato già un affresco, grazie, ti ringrazio e ringraziamo. Perché questo ci porterà poi a parlare in una puntata successiva dei vini dell’Etna e quindi degli spumanti, l’evoluzione che finalmente abbiamo trovato in questi ultimi anni che non ha niente da invidiare, devo essere sincera. Chiaramente loro hanno una grande, come dici tu, competenza, una varietà straordinaria, però devo dire che da un po’ di anni a questa parte anche gli spumanti dell’Etna hanno…
Camillo Privitera: Io credo che bisogna essere nella vita e anche nel vino, assolutamente umili, nel senso che guardare gli altri non significa copiarli, ma significa, come dire, allargare gli orizzonti di conoscenza, se c’è qualcosa da prendere apprendiamola, però dovremmo essere noi capaci di adattarla, gestirla e migliorarla nell’ambiente in cui siamo. L’Etna è uno di quegli ambienti in cui alcuni dei concetti che esprimiamo per la Champagne sono passati nella mente dei produttori e non a caso l’Etna da qualche anno è un fenomeno riconosciuto a livello internazionale, ma proprio perché sono passati alcuni di quei concetti con cui abbiamo iniziato la nostra chiacchierata.