“Sposato sulla carta” romanzo psicologico di Annarita Schiavone

Si può entrare nella mente di un uomo, capirne le frustrazioni, le incoerenze, le paure e la rassegnazione?

Questa è un’intervista “strana”: il corsivo è la domanda narrativa per una strada nuova diversa di intendere le domande. Un articolo per i lettori “lenti” che vogliono assaporare tutte le pieghe della pagina emozioni che può dare solo la “carta”! Questa è un’InterSvista dedicata quindi agli slow readers e a coloro che innamorati di questa scelta ci seguiranno nelle prossime avventure.

Già dalla copertina e dalle tavole dell’artista Ferdinando Franco si capisce subito che “questa qui” non te la puoi giocare in due ore con una cena e un albergo di terza categoria. No! questa qui è una donna “tosta”: se non vuoi averci a che fare non saprai mai cos’è l’estasi; ma se stai al gioco lo devi fare fino in fondo. E dopo poi potrai “morire” d’amore!

Dall’ introduzione del libro “Sposato sulla carta” edito da Carthago Edizioni. Margherita Guglielmino Responsabile editoriale: “Annarita Schiavone è una scrittrice che non si risparmia, che non risparmia neanche una goccia del suo talento, della sua anima per metterli a disposizione del lettore che verrà trascinato in un turbine di emozioni, le sue, di esperienze tra gioie e dolori, tra la nostalgia e la speranza, tra la rabbia e la rassegnazione. Comunque la si voglia leggere, le protagoniste e i protagonisti tra le pagine scritte da Annarita Schiavone sono ineluttabili, inequivocabili, diretti come in “Io ti sono destinata”. Un titolo che non lascia scampo ad un’unica interpretazione, chiara e netta, una affermazione che ha tutto il sapore di un comando, un destino imposto e voluto, tuttavia solo sperato. Così “Sposato sulla carta” diventa una nuova sfida vinta. La sfida di riuscire ad entrare, lei da autrice donna, nella mente di un uomo, di capirne le frustrazioni, le incoerenze, le paure e la rassegnazione. Si vede il lavoro incessante di un’autrice consapevole e curiosa che non si limita ai dati visibili ma che cerca di scavare a fondo, di trovare una logica anche in un universo che per definizione è del tutto differente dal suo. A nostro parere ci riesce perfettamente”.

Annarita: La mia sfida è stata anche nel riconoscermi come scrittrice di un nuovo genere letterario e quindi passare dalla poesia alla prosa. Questo passaggio non è stato semplice. Per scrivere questo romanzo nella sua interezza ci ho impiegato un anno e mezzo anche se il romanzo in sé e per sé non è lungo. Però è denso e fitto, a volte falsamente semplice e scorrevole.

Ho voluto mettermi nella testa di un uomo e non solo, anche nel suo corpo e capire cosa accade quando lo stesso prima scopre e poi realizza definitivamente di aver fallito e di aver compiuto delle scelte sbagliate che influenzeranno per sempre la sua vita. C’è un momento preciso e di rottura nel romanzo che è costituito dall’ incontro con un’altra donna, una donna che il protagonista riconoscerà come la donna della sua vita ma alla quale non darà mai un posto definito, perché poi di definito nella vita non esiste nulla… o mi sbaglio???

Sempre dall’introduzione a cura di Margherita Guglielmino: “C’è da chiedersi se in questa storia ci sia una vittima o se i protagonisti, in fondo, con un desiderio sadomasochistico diventino carnefici sordi di sé stessi, dell’inerzia con cui conducono la propria vita, con cui Stefano si lascia trascinare via dalla propria terra, dai propri affetti, forse dal suo stesso futuro da Virginia, una ragazza che dal nome e dall’aspetto ricorda molto le eroine idealizzate della poesia trecentesca”.

Annarita: Come ho detto prima, volevo mettermi nei panni di un uomo, esplorare il suo punto di vista e capire cosa succede a questo uomo quando egli realizza uno dei più grandi fallimenti della propria vita: aver sposato una donna che non si ama più e che forse non si è mai amata.

Purtroppo finchè esisteranno dei MUST sociali esisteranno sempre tanti Stefano e tante Virginia… e anche tante mogli come quella di Stefano.

Come è scritto nel romanzo… SI FA TUTTO PER COMODITÀ IN QUESTA VITA GIÀ ABBASTANZA SCOMODA. Il paradosso in questa storia è che anche la comodità diventa “scomoda”, diventa come una “poltrona sfondata”, la stessa poltrona sulla quale il protagonista Stefano si addormenta ogni sera per non andare a dormire con la “sua padrona”.  La sua padrona che russa, che lo controlla e che Stefano forse avrebbe voluto lasciare prima ancora di incontrare Virginia, perché in fondo lui quella donna non l’ha mai amata.

La moglie di Stefano è una sorta di mantide religiosa che fagocita il suo compagno prima ancora di farlo morire, lo fagocita nella quotidianità piatta e regolare di un ménage che riguarda non solo la loro COPPIA SULLA CARTA ma tutta la famiglia… quella di LEI OVVIAMENTE.
Perché in fondo a Stefano questa strana costellazione familiare fa comodo, gli zii, i cugini, il cane, il barbecue, tutte apparenti e comode realtà anche se poi fa strani sogni la notte: sogna di essere infilzato nel girarrosto del forno di uno degli zii di lei o mangiato da una zia della moglie.
Chissà come si sta al calduccio nel forno dello zio o triturato dalla bocca della zia! Hihihihihhi!

Dall’ introduzione di Annarita Schiavone: “La storia del protagonista di queste pagine scorre tutta di un fiato, senza soste e si snoda tra flashback, monologhi interiori e vita reale, in un movimento che non è azione ma che conduce il lettore all’interno del personaggio stesso. Lo stile secco e ruvido, talvolta ossessivo della mia scrittura non lascia vie di fuga: Stefano è un uomo sposato… sposato sulla carta con una donna che gli ha rubato tutto: la famiglia di origine, gli amici, il paese in cui è nato e forse anche la sua vera essenza. Stefano non avrebbe voluto fare quella vita ma la fa lo stesso senza sapersi ribellare, obbedendo ad un cliché che presto verrà sconvolto Virginia che conduce Stefano alla consapevolezza di uno stato di disagio evidente in cui le vie del corpo e dell’esperienza fisica diventano l’unico sentiero percorribile per arrivare alla coscienza dell’amore e della vera comunione spirituale tra uomo e donna”.

Frammenti del testo: “Virginia Bella, bella di giorno e bella di notte, bella per davvero mentre ride e brinda con i suoi amici di sempre che sono anche i miei ma io non ci sono…”

Annarita: Dal forno degli zii agli occhi di una donna il passo è breve. Gli occhi di Virginia non mentono, forse sono scomodi perchè sono veri ma sono portatori di VERITÀ. Attraverso gli occhi ma direi il corpo di Virginia Stefano scopre le bugie della sua vita. Virginia è carne vera, da mangiare quasi come un atto cannibalistico. Quando Stefano intravede i piedi bianchi di Virginia la prima cosa che gli viene in mente è la voglia di morderne le dita BIANCHE E TONDE.

Stefano mangia e possiede Virginia in un impeto di attrazione fisica. Forse inizialmente pensa di poter trattare la questione Virginia come tutte le altre questioni della sua vita…Come tutte le altre donne con le quali è stato così, quasi per caso, perché come egli stesso afferma: “IO NON TRADISCO… MI SVAGO”.

E ancora quando afferma: “Sono nato correndo dietro la vita e dietro le donne che sono le mie migliori amiche e anche le mie più grandi confidenti. Le vorrei tutte per me, senza innamorarmene ovviamente perché poi… sono sposato… sono sposato sulla carta. Si fa tutto per comodità in questa vita già piuttosto scomoda. Eh sì, perché poi lei alla fine divenne scomoda, come certe poltrone sfondate dal tempo sulle quali ci si siede per abitudine senza mai avere il coraggio di cambiarle. Ecco, lei era così: scomoda. Io non volevo sposarmi, ma sapevo che dovevo farlo perché il padre di lei così voleva. Comprai una casa, la comprai un anno prima di sposarmi e metà la regalai a lei, perché gli sposati sulla carta, quelli seri, così fanno. Lei divenne la padrona, della mia casa e forse della mia vita.” E poi… arrivò Virginia e il suo mondo cambiò…. Cambiò tutto!

Presagio: Mi sembrava che mi potesse piacere la cosa se non fosse stato per quel confetto che avevo tra schiena e materasso che premeva tra una scapola e l’altra mentre lei si esagitava su di me ma soprattutto per quelle manciate di riso sparse tra le lenzuola che mi punsero insistentemente la pelle per tutta la notte.

Annarita: Stefano avrebbe dovuto capirlo subito che stava sbagliando tutto. Le sensazioni del corpo non sbagliano mai. Quella sensazione fastidiosa, quel riso, quei confetti, la prima notte di nozze è già presagio di sventura e malessere fisico e spirituale.
Tutto stride fortemente, finanche il sole che sorge e la moglie che russa tra le lenzuola di seta.

Eppure Stefano è cieco, o fa finta di esserlo, l’anello al dito gli pesa, gli leva la pelle di dosso ma non lo può dire perché è SPOSATO… SPOSATO SULLA CARTA.

Questa espressione viene ripetuta ossessivamente nel romanzo e diventa una catena pesante, ogni volta che il lettore la legge aggiunge un anello a quella catena che si allunga e si appesantisce man mano che i capitoli del romanzo procedono.

Figli: Si veste male e non ci sta più nei vestiti che già sono brutti di loro, ma poi sono ancora più brutti quando la pancia le cresce. Le cresce perché le piace mangiare e anche perché è incinta. Aspetta un bambino, mio figlio, quello che ho fatto con lei durante il viaggio di nozze o forse dopo, non me lo ricordo.

Annarita: I figli a volte rappresentano il punto massimo di convenzione sociale degli SPOSATI SULLA CARTA. Forse Stefano nemmeno li avrebbe voluti, ma questo è quello che penso io Annarita. A questo punto se potessi gliela farei io una domanda a Stefano: Perché hai fatto dei figli?
Posso solo immaginare la sua risposta: Perché così fanno quelli SPOSATI… SPOSATI SULLA CARTA.

E a questo punto mi viene in mente un altro anello da aggiungere a quella pesante catena di cui vi parlavo. Un anello pesante che fa crescere la pancia della padrona e la fa diventare ancora più brutta proprio come i suoi vestiti già brutti di loro.

Stefano non ricorda, non ricorda nulla, vorrebbe cancellare tutto persino il momento in cui ha concepito i suoi figli.
Ma non lo fa perché lui deve essere un bravo padre, o almeno provarci.

Tradimento: Non la volevo mica tradire io mia moglie. È stata quella lì a guardarmi per prima, mi guardava e parlava con la sua voce roca da pornostar e il suo sguardo penetrante. Fatta una le hai fatte tutte, io non tradisco, mi svago. Perché per me è importante tornare a casa la sera, sedermi alla tavola apparecchiata da lei, sì da mia moglie sulla carta.

Annarita: Il tradimento come rifugio, come sfogo primitivo, come svago e mai come presa di coscienza rappresentano il diversivo nella vita di Stefano per colmare la sua insoddisfazione ma anche la sua mancanza di coraggio. Eh già… Stefano è tutto tranne che coraggioso e sfoga la sua depressione matrimoniale attraverso rapporti occasionali con altre donne. Ma non si prende nemmeno questa responsabilità, per lui sono tutte uguali. Sono tutte donne fisicamente appariscenti e lui ne viene attratto da alcuni particolari fisici (i nei, la voce) senza mai cercare altri tipi di implicazioni.

Stefano consuma semplicemente le sue emozioni momentanee ma poi torna a casa, innocentemente inconsapevole di aver tradito. Stefano è ubriaco di corpi, di suoni, di voci, di colori; il rosso per esempio che lui non gestisce e che gli provoca reazioni “ormonali” importanti. E lo ammette egli stesso quando dice: “IO IL ROSSO NON LO GESTISCO”.

Famiglia avita: In chiesa faceva freddo, e faceva freddo nel mio cuore, non piansi perché un vero uomo non piange, nemmeno quando resta orfano per sempre Lavoro, casa, casa, lavoro. Lavoro, casa, casa, lavoro, birra. Divano lei, poltrona io. Ciao, ciao.

Annarita: La famiglia non rappresenta certo un punto di riferimento per Stefano quanto un comodo ostacolo alla sua realizzazione personale.

Stefano fugge giovanissimo dalla sua famiglia di origine della quale il lettore non saprà quasi nulla se non che sua madre è morta. Il nostro protagonista ripercorre il funerale di sua madre e ci racconta che non piange, piangerà dopo, una volta ritornato a casa e di notte, isolato da tutto e tutti.

Stefano è un uomo che non trova consolazione né in se stesso né negli altri, nemmeno in sua moglie o nella sua vita monotona e regolare pervasa di … LAVORO… CASA…BIRRA… DIVANO.

È proprio da quel divano, da quel divano sfondato da figli e moglie, che Stefano piangerà la morte di sua madre. Ma piangerà una notte sola, perché il giorno successivo deve ristabilire le regole della FAMIGLIA A VITA, quella indissolubile sulla carta, quella che aveva voluto il suocero, il padre di lei e la madre di lei e forse anche sua madre, quella che era morta e che lui aveva smesso di piangere il giorno dopo il suo funerale, perché di più non poteva fare.

In questo senso Stefano diventa quasi vittima sacrificale di sé stesso, Stefano martire ed eroe che smette di piangere e beve la sua birra come un trofeo di virilità stabilita e preconfezionata e torna al lavoro e a stento saluta la sua famiglia a vita e per tutta la vita. Il lettore curioso e attento potrebbe chiedersi come faccia a resistere… ebbene la via di uscita Stefano ho un solo nome: VIRGINIA!

Virginia: Sembrava avesse un lago al posto degli occhi, o forse il mare, tanto erano grandi e chiari. Sono rimasto sulla poltrona a fissare il vuoto, perso nella scollatura e schiacciato da quel rossetto rosso…Sto scoppiando, in tutti i sensi, di gioia, di curiosità e con me i miei ormoni. Quelli sono maledetti, o benedetti, ancora non lo so.

Annarita: Ma chi è Virginia? Virginia è l’amica di Stefano sin da bambini, quella piccola e tonda con gli occhi azzurri, quella del sabato e della domenica con il fiocco in testa che leggeva sulle scale di casa di sua nonna.

Virginia ritrovata su un social che da bambina diventa donna vera e di carne che travolge Stefano e con lui i suoi ormoni.

Virginia diventa simbolo di tutto: DONNA, AMANTE, MADRE, CORPO, SPIRITO.

La sollecitazione sessuale che Virginia suscita in Stefano è fortissima e funge da iniziazione per un percorso altro che Stefano non ha mia vissuto e che non credeva nemmeno esistesse.

Gli amplessi vissuti da Stefano con Virginia sono di natura Altra e spirituale ma partono da un dato reale: i loro corpi.

Il corpo di Virginia diventa mare come il colore dei suoi occhi e il rosso del suo rossetto accende il fuoco delle fiamme gemelle che si ritrovano e che non potranno mai più separarsi.

Sarà questo FUOCO che porterà alla consapevolezza di un amore profondo e innegabile del quale però Stefano ha paura.

Stefano teme il suo FUOCO, quello risvegliato da Virginia, quello sopito e dormiente che mai nessuna donna aveva saputo smuovere fino a quel momento.


Quando un uomo si innamora: “Si… Amore… Tutto bene… Notte” Amore… non mi ha mai chiamato nessuno in questo modo e io ora sono anche un po’ contento, sono contento fino al momento in cui mi ricordo che sono sposato… Sposato sulla carta. Sono un deficiente nato, le donne mi piacciono, mi piacciono per come sono fatte ma io non mi innamorerò mai di una di loro.

Annarita: Un uomo si innamora quando riesce a chiamare Amore una sensazione, un colore, una parte di corpo. Un uomo si innamora ma non è detto che possa esserci del tutto. Esistono tanti tipi di Amore ma credo che quello tra Stefano e Virginia sia un amore reale e vero. Stefano prova prima attraverso il corpo a definire quello che gli sta accadendo, quasi si osserva. Si osserva e vede, vede che quando pensa a Virginia tutto diventa GRANDE, proprio come sentiamo dirgli nel romanzo “TUTTO DIVENTA GRANDE FUORI E DENTRO DI ME”.

Non se lo spiega perchè il desiderio fisico è accompagnato dell’ampliamento del cuore e dei sentimenti verso l’oggetto desiderato che non resta più solo tale ma diventa Altro.  A questo altro Stefano darà un nome, uno solo VIRGINIA.

Virginia diventa oggetto del desiderio sessuale ma forse anche oggetto di desiderio di vita vera: La guardo e penso che è mia, mia per sempre e che non voglio perderla perché finalmente ho trovato la donna della mia vita. È la prima volta che dico TI AMO ad una donna e sento che sto cambiando.

Quando la mia donna si incazza: Si perché gli occhi di Virginia sono buoni e sono freschi ma diventano ghiaccio quando si arrabbia.

Annarita: E Virginia entra nel gioco già consapevole sin dall’ inizio.

Stefano è un uomo sposato, sposato sulla carta. Mai avrebbe voluto innamorarsene o forse ne era già innamorata, sin da bambina.

Virginia si gioca tutto, mette in atto tutte le sue strategie per far comprendere a Stefano che forse esiste un’altra vita possibile, per lei e per lui, magari una vita insieme non solo sognata ma anche realizzata in piena consapevolezza.

A questa consapevolezza fatta di realtà e azioni Stefano non ci arriverà mai, tutto quello che prova, che sente e che vuole resta lì, fermo e cristallizzato in una sorta di sogno o meglio di speranza non supportato dal dato di realtà.

Stefano fa e dice sempre le stesse cose: COME FACCIO?

E Virginia si arrabbia, si arrabbia così tanto da trasformare il colore dei suoi occhi, addirittura la consistenza, i suoi occhi diventano ghiaccio e spera che di ghiaccio diventi presto anche il suo cuore.

E da scrittrice se potessi porrei io una domanda a Virginia: Virginia… ma chi te lo ha fatto fare e soprattutto perché?

Perché il cuore percorre vie misteriose, soprattutto quando passa per le vie del corpo, soprattutto quando pensi di essere la Donna dell’Uomo che potrebbe cambiarti la vita. Effettivamente è la vita di entrambi che cambia… per sempre… in nome del corpo che prende poi la via inaspettata del cuore.

E Virginia si arrabbierà mai definitivamente con Stefano?

Beh…  non vi resta che leggere il romanzo e non voglio spoilerare nulla! Hihihihi…

Quando la moglie diventa altro da sé e tu deresponsabilizzi: Prima se dicevo una bugia mi sentivo il genio del male, adesso capisco che il male è lei: la mia padrona.

Paura della famiglia: Me la sono sposata per caso, e con lei ci sono rimasto per caso e vorrei tanto dirglielo ma non ci riesco perché ho paura di lei e di suo padre e di sua madre e anche dei suoi zii e dei suoi cugini.

Le promesse: Ma io le promesse le faccio, ma poi non le mantengo.

Annarita: A volte fa comodo avere una padrona o un padrone, uno che ci comanda e che ci dice quello che dobbiamo fare, come vivere, cosa pensare, come agire.

Stefano è completamente deresponsabilizzato, non sceglie, non pensa e soprattutto non calcola le conseguenze delle sue azioni, o meglio ci prova a non calcolare.

Stefano che calcola invece tutti gli orari, i week end, i secondi per non far sorgere alcun sospetto alla “sua padrona”, Stefano che trova scuse e rimanda, Stefano che inconsapevolmente si costruisce una doppia vita ma che non decide MAI.

E la moglie diventa IL MALE, il male della vita di Stefano ma anche di quella di Virginia. Nel mio libro c’è una illustrazione molto surreale (15 illustrazioni e copertina di Ferdinando Franco) in cui viene espressamente rappresentato questo Male.

IL MALE fa paura, la moglie di Stefano rappresenta la negazione della libertà, diventa icona del matrimonio quasi combinato per volere degli altri, del padre, degli zii, della famiglia di lei anche se poi alla fine si scopre una grande verità: Stefano non vuole scegliere, si deresponsabilizza e quasi ci sguazza in questo suo senso di mancata responsabilità, quasi fino alla fine del libro. E dico quasi perché accadrà qualcosa che gli darà la forza di reagire.

Ancora una volta Virginia entra in azione, un’azione forte, chiara, che non lascia fiato e che mette in chiaro la relazione con Stefano: “ SEI UN GIUDA E SEI UN TRADITORE…. MI HAI TRADITA… PERCHÉ NON SI TRADISCE SOLO CON IL CORPO MA ANCHE CON L’ ANIMA E TU LO HAI FATTO.”

Stefano, traditore inconsapevole tradisce tutto e tutti, anche la fiducia che aveva riposto Virginia in lui e nel loro amore e glielo dice a chiare lettere: MI HAI TRADITA E PER QUESTO IO ME NE VADO.

Stefano, l’uomo dalle promesse mai mantenute, riuscirà a sfuggire alla sua deresponsabilizzazione?

Dovrà attendere forse un’altra, un’altra nascita o un’altra luce…ma questa è un’altra storia!

 

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