Ztim Ztum Bang: Luca Siniscalco “Gli archetipi maschili e femminili” di Julius evola

Il primo livello è quello della sede metafisica, quindi la dimensione ontologica del principio, dove abbiamo visto che maschile e femminile rappresentano una diade originaria, la prima forma di declinazione dell'uno. Questo piano metafisico si è poi incarnato, ha mostrato Evola, all'interno di archetipi di carattere mitico-religioso, che rappresentano quindi il veicolo spirituale attraverso cui questo dualismo si rende conoscibile all'uomo, all'interno dei miti, delle leggende. Questo possiamo riferirci menzionando la sezione in cui Evola riconosce quella fenomenologia pluralistica dei tipi del maschile e del femminile, quindi la donna afroditica e demetrica da un lato e l'uomo apollineo, eroico, solare, eccetera, le altre varie tipologie dall'altro.

Siamo sempre con Metafisica del sesso di Julius Evola e col nostro favoloso professore Luca Siniscalco. Buonasera a tutti, grazie ancora Susanna per il coinvolgimento in questo percorso che ci continua a far leggere e a riflettere su questo così denso quinto capitolo che oggi avremmo intenzione di concludere passando in rassegna le paragrafi finali, anch’essi assai densi e interessanti di questa sezione. Siamo arrivati, al paragrafo psicologia maschile e psicologia femminile.

 

L’ultima volta avevamo finito con una bruciante determinazione che riguardava il fallus e il mestruo, così iniziamo bene. Raccordiamo il capitolo precedente. Questo capitolo, cioè questo sottocapitolo-paragrafo, così come i successivi fino all’ultimo che meritano una trattazione un pochino a parte, sono incentrati più che altro sulla dimensione del femminile, che Evola come sempre rapporta al maschile, ma come vedremo in queste sezioni il suo sguardo è particolarmente concentrato sulla dimensione del femminile.

 

Questo emerge già appunto nella sezione intitolata psicologia maschile e psicologia femminile, in cui Evola propone una interpretazione di questa dualità, che è già stata variamente tematizzata nell’opera, dal punto di vista della psicologia. Precisiamo che quando Evola parla di psicologia non si riferisce alla psicanalisi freudiana o junghiana, ma in un senso più letterale, etimologico, ad una indagine della psiche, dell’anima. Questo livello di interpretazione della polarità sessuale va dunque rapportato, per essere compreso, ai due livelli precedenti e superiori da un punto di vista ontologico che Evola ha trattato precedentemente e che qui ricordo.

 

Il primo livello è quello della sede metafisica, quindi la dimensione ontologica del principio, dove abbiamo visto che maschile e femminile rappresentano una diade originaria, la prima forma di declinazione dell’uno. Questo piano metafisico si è poi incarnato, ha mostrato Evola, all’interno di archetipi di carattere mitico-religioso, che rappresentano quindi il veicolo spirituale attraverso cui questo dualismo si rende conoscibile all’uomo, all’interno dei miti, delle leggende. Questo possiamo riferirci menzionando la sezione in cui Evola riconosce quella fenomenologia pluralistica dei tipi del maschile e del femminile, quindi la donna afroditica e demetrica da un lato e l’uomo apollineo, eroico, solare, eccetera, le altre varie tipologie dall’altro.

 

Qui invece Evola aggiunge un altro livello ancora più concreto e umano legato alle strutture antropologiche dell’uomo, la psicologia quindi come indagine della psiche, ossia del lato animico sul piano esoterico sottile dell’individuo, con le proiezioni comportamentali che questo piano ha all’interno delle relazioni fra i sessi. Qui Evola quindi ripropone una serie di caratteristiche di qualità che aveva già riconosciuto al maschile e al femminile in sede metafisica come caratteristiche del comportamento e della mentalità degli uomini e delle donne concrete. Come dicevo, anche questa sezione però abbia particolare attenzione al mondo femminile.

 

Evola lo indaga in particolare attraverso un suo importante riferimento filosofico, quello del filosofo Otto Weininger, un autore che Evola aveva molto amato sin dalla giovane età e che insieme a Nietzsche e Michael Stetter era stato il suo principale riferimento teorico negli anni venti, prima della scoperta del pensiero di Reghini e poi di Guénon, quindi prima del suo vero e proprio approfondimento esoterico e tradizionale, e che qui riprende e presenta in relazione al tema del maschile e del femminile, discutendo le tesi assai radicali e controverse di Weininger, lui sì, diversamente da Evola, è innegabile che aveva un pensiero un po’ viziato da una certa misoginia e che aveva sostenuto tra le varie tesi che la donna essenzialmente sarebbe priva di io, di essere e quindi anche di anima, in quanto questi elementi sarebbero legati alla facoltà logica che si manifesta nella costanza, nella ragione propria dell’uomo, che invece il tipo femminile più volubile, incostante, dinamico, se si vuole utilizzare un aggettivo più positivo, non avrebbe. Evola passa e rassegna queste tesi con un intento storico-filosofico, perché comunque hanno avuto un certo peso nella cultura occidentale, e cerca di ravvisare gli elementi più convincenti che secondo lui possono essere, nel suo nuovo contesto teorico, della metafisica del sesso, fatti propri, e che si legano ancora una volta alla definizione di quella figura della donna assoluta, che non è appunto la donna concreta, storica, reale, che è sempre un’approssimazione a quel modello, ma che presenterebbe in termini assoluti, cioè peculiarità essenziali che ne definiscono in sede metafisica la natura. Di Weininger Evola riprende, temi che già abbiamo visto, la dimensione soprattutto passiva del femminile e il suo rapporto di polarità con il maschile, per cui questo aspetto che viene ripreso dal Weininger viene poi nel capitolo successivo, nella sezione successiva, la donna come madre, la donna come amante, declinato in termini un po’ più specifici nella fenomenologia di queste due forme del femminile, la madre e l’amante, che sono, potremmo dire, a livello psicologico, secondo la presentazione teorica che vi ho prima fornito, dei due tipi mitologico-religiosi che già abbiamo visto, la Demetra, che è la figura di madre, e Afrodite, che è la donna amante.

 

Particolarmente interessante, a mio avviso, è qui un riferimento ai riti di passaggio maschili che, per Spiega Evola, avevano proprio la funzione di sganciare l’uomo da entrambe le figure, cioè di rendere l’uomo capace di svincolarsi dalla madre, ma anche di svincolarsi dalla donna come controparte all’interno della sua vita affettiva e sessuale. In questo senso la donna, come polarità rituale, rappresenterebbe per l’uomo un limite da scavalcare all’interno del rito di passaggio, nella misura in cui, superando simbolicamente la donna assoluta come pura sessualità, l’uomo è in una forma di trascendenza. Questo ci potrebbe portare lontano, lo vedremo anche parlando nei capitoli successivi, in vari confronti con tipologie religiose rituali specifiche trattate da Evola, come quella dello yoga tantrico.

 

Questa sezione si conclude poi con una osservazione un attimo estemporanea rispetto al discorso che sto provando a sintetizzare, ma piuttosto interessante. In cui Evola lega lo sviluppo sessuale femminile più autentico alla figura del ritmo. Questo è un tema interessante perché riporta la donna, per quel suo legame con la natura che già abbiamo visto, ad una figura capace di avere una propria spiritualità erotica che, secondo Evola, è particolarmente legata alla dimensione del ritmo che, come molti altri filosofi metafisici hanno mostrato, ha tutta una serie di significati legati al ritmo del cosmo, al ritmo dell’universo, quindi non ha soltanto una funzione profana.

 

Questa è la qualità spirituale della donna? Faccio una domanda, ma secondo te, visto che la donna e l’uomo assoluto li vede assolutamente in un grado di neutralità, com’è che ha nominato Otto Weininger per dimostrare che la donna comunque è un essere inferiore? Addirittura qua c’è una parte interessante dove dice che la donna comunque ha necessità, la natura femminile è quella del mentire. Sì, questi sono alcuni dei passaggi più controversi. Io credo che vi siano due aspetti, uno più biografico e l’altro più proprio teorico.

 

L’aspetto più teorico è quello che dice che la donna è un essere inferiore, ma non è vero. C’è un’altra sua teoria che ha aiutato il giovane Evola a emanciparsi rispetto al mondo borghese, a sviluppare una critica alla modernità, quindi è un autore per lui importante, che essendosi occupato estesamente nel testo sesso e carattere di questa tematica non poteva essere eluso. Da un punto di vista teorico, sebbene ci siano alcuni passaggi sicuramente problematici, tuttavia Evola cerca sempre di utilizzare questi riferimenti da un punto di vista non valutativo.

 

È difficile per noi collegare l’elemento della menzogna ad una lettura avalutativa del femminile, è chiaro che il primo impatto sembra qualcosa di negativo, però Evola ponendosi niccianamente al di là del bene e del male e cercando di ricostruire queste costanti di carattere fenomenologico e spirituale, anche quando attribuisce questi elementi al femminile non lo fa mai intenzionalmente con un intento denigratorio. Qui la questione della menzogna che ha evocato viene citata in particolare come una sorta di epifenomeno del carattere dinamico, liquido e trasformativo del femminile. Evola non dice che la donna mente perché è cattiva, dice che mentre l’uomo tende a essere particolarmente severo per una propria conformazione psichica al principio di identità e di non contraddizione che Evola cita da Weininger, quindi ha l’idea che A è uguale a A e A è diverso da B e quindi questo tipo di logica diventa in lui una forma di etica, quindi di comportamento che non è necessariamente immorale, però anche quando l’uomo commette il male lo fa con una certa coerenza e risolutezza, con un ordine, sembra dire Evola.

 

La donna, questa è la tesi che Evola riprende da Weininger in quanto legata a questa dimensione sorgiva della volubilità naturale, vive in maniera più spontanea la possibilità della menzogna intesa come l’agire diversamente da come si è detto, non con un’intenzione necessariamente malvagia, ma perché è mossa da ulteriori impulsi, da ulteriori spinte. Questo è un tentativo da parte mia di dare un ordine teorico a queste riflessioni evoliane, non toglie che ovviamente non tutto di Evola va accolto acriticamente  è chiaro che alcune delle asserzioni qui presentate possono essere considerate parte di un pensiero non necessariamente condivisibile. La precisazione è che, questo mi sembra trasparire in modo piuttosto netto, altrimenti sarebbe incoerente rispetto al modello complessivo del libro, il maschile e il femminile sono due polarità, quindi sono fondamentali l’una per l’altra e se vogliamo, anche da un punto di vista concreto, se mentire è un atto che danneggia gli altri è anche un eccessivo ordine e una metodica compulsiva può creare disagi e sofferenze, quindi poi si torna sempre alla questione del bilanciamento fra i due poli.

 

In questo senso, se si vuole guardare il lato positivo del femminile in quest’ottica, sicuramente con la questione del ritmo di cui stavo parlando, rappresenta un po’ il contraltare positivo del pericolo della menzogna e la capacità di sintonizzarsi con le trasformazioni della vita. Dicevo e poi concludo questa sezione, che questa dimensione ritmica, Evola la ravvisa anche all’interno della sessualità concreta come una manifestazione in alcuni gesti e in alcune pratiche sessuali di questa natura femminile. La dimensione erotica del ritmo, dice Evola, è rappresentata all’interno della pratica sessuale femminile da un punto di vista fisico, dall’azione ritmica che la donna esercita all’interno del rapporto sessuale con quelle che Evola definisce le contrazioni ritmiche della vagina e dell’utero come in un aspirare o suggere, basato su speciali onde toniche a lento ritmo, con figura appunto di un assorbire aspirando-suggendo, che trova poi una simbolizzazione all’interno della pratica, sempre menzionata da Evola, della fellatio.

 

Secondo il nostro, queste pratiche sessuali sarebbero una manifestazione di una possibilità per la donna di acquisire una funzione attiva all’interno della relazione sessuale che potremmo forse accostare a quella immagine dell’amplesso invertito in cui il maschile diventa passivo e il femminile attivo che Evola aveva già menzionato. Peraltro su questo tema Evola tornerà successivamente, sempre in questa sezione, quando parlerà della possibilità che la donna diventi attiva e l’uomo passivo, citando in particolare una formula del tradizionalista Titus Burckhardt che parlava della possibilità per la donna di essere attivamente passiva e dell’uomo di essere passivamente attivo. Evola qui precisa, ed è molto interessante, e cito un passaggio, per paradossale che ciò sembri, a essere sedotto nel senso rigoroso, cioè etimologico del termine, sempre l’uomo.

 

La sua iniziativa attiva si riduce a quella di avvicinarsi a un campo magnetico di cui subirà la forza non appena penetrato nell’orbita di esso. Di fronte all’uomo che desidera, cioè di fronte al puro bisogno sessuale maschile, la donna ha sempre una decisa superiorità, essa non tanto si dà quanto si fa prendere. Poi Evola cita, per spiegare questo passaggio, un riferimento letterario tratto dalla dernière Semaine de Don Juan, in cui cito tutte le donne che Don Giovanni ha posseduto gli si rivelano come tanti aspetti di un’unica donna senza volto, la donna eterna, Durga, che ha proprio voluto le parole e i gesti con cui gli ha sedotto ognuna di esse.

 

Egli ha desiderato queste donne come il ferro desidera la calamità, e col far sorgere in Don Giovanni questa consapevolezza che il commendatore fa sì che egli si uccida. Perché Don Giovanni si uccide? Apparentemente non c’è nulla di male in questa scoperta, ma perché Evola qui sta parlando dei temi che tratta in questa complessa indagine del femminile della fascinosità della donna, in quella dialettica tra pietà e crudeltà, di cui pure già aveva parlato nelle sezioni precedenti, e che rende in qualche modo unico e speciale l’incontro con la donna concreta, capace di incarnare questa forza del femminile. Una forza legata alla sua capacità di intercettare il desiderio maschile, perché l’uomo vede nella fascinazione per la donna e in particolare nell’immagine della donna nuda una sorta di portale d’accesso agli abissi della realtà.

 

Evola parla in modo molto lirico di un aspetto di vertigine simile a quello provocato dal vuoto, dal senza fondo, nel segno della hyle, che in greco significa materia, sostanza prima della creazione e dell’ambiguità del suo non essere. Ecco, vedete, anche qui Evola parla della donna in collegamento al non essere, potrebbe sembrare un accenno negativo, ma non lo è, è sempre parte di questa prospettiva ontologica, tanto che subito dopo riconosce quella superiorità del femminile sul maschile all’interno della dimensione attrattiva che ho prima menzionato. E ancora scrive Evola, nella donna completamente nuda e durga che dall’uomo viene oscuramente sentita, è lei che, dea delle feste orgiastiche, è anche l’inaccessibile, è la prostituta e la madre, che è anche la vergine e l’inviolabile, l’inesauribile.

 

La donna esprime pietà, devozione e purezza nei confronti dell’uomo, nella misura in cui simboleggia questa dimensione originaria, ma allo stesso tempo diventa crudele e carnefice quando impedisce all’uomo di raggiungerla, quindi c’è questa ambivalenza fra il darsi della donna e il suo non concedersi, oppure nella situazione in cui mette alla prova l’uomo, una prova che diventa anche qui una chiave esoterico-simbolica, una prova iniziatica, una sfida per l’uomo a trovare se stesso, e l’uomo che non ha un certo tipo di potenziali dominio su di te, rischia di impazzire, come testimoniato da ampia parte della nostra letteratura ricchissima, la produzione del romanticismo in merito, che ora cita in tanti passaggi di Metafisica del Sesso, in cui quella donna seduttrice, quella donna vampiro che conduce l’uomo alla follia, da un lato mostra questa attività del femminile nella seduzione, ma dall’altro diventa specchio di una sorta di debolezza dell’uomo che non riesce a reggere la prova. Queste sono le principali tematiche che emergono all’interno di questa ampia sezione del capitolo dedicato al rapporto tra maschile e femminile da un punto di vista psicologico e a questo approfondimento evoliano del femminile. Non so se vuoi aggiungere qualcosa, poi in conclusione volevo passare all’ultimo paragrafo dell’opera, quello sull’etica dei sessi.

 

Sì, io volevo aggiungere un particolare che normalmente viene anche ignorato oggi nella nostra quotidianità ed è diventato ormai un mio cavallo di battaglia, a proposito del fatto che noi normalmente quando la donna è incinta al terzo mese viene fatta l’ecografia. Questo è un esempio chiaro ai tempi di Evola, nel tanto meno ai tempi di Weininger, per definire qual è il sesso del nascituro. E si fa perché fino al terzo mese in realtà tutti quanti i feti sono femmine, giusto? Poi nel DNA è determinata la nostra sessualità, o restiamo femmine o diventiamo maschili, giusto? Per cui al terzo mese che scendono le ovaie che diventano i testicoli, che la vagina si riunifica e diventa l’asta del pene, che la clitoride diventa il prepuzio e che l’utero restringendosi diventi la prostata.

 

Quindi quello che volevo puntualizzare con questa chiarificazione fisiologica è che in realtà le definizioni che avevano dato sia Evola e Weininger a questo proposito della donna lasciano il tempo che trovano, nel senso che fino al terzo mese comunque fisiologicamente i maschi sono femmine. In qualche modo si contrappone anche il discorso dell’invidia del pene da parte di Freud, cioè in realtà noi stiamo più verso la canna, nel senso che l’invidia non è fisiologica quanto simbolica del fallo di cui parlava Lacan e non del pene, perché in realtà se l’avessimo saputo, se diventassimo consapevoli del fatto che comunque abbiamo gli stessi organi del maschio, solo che sono organizzati diversamente e viceversa. Però da un punto di vista esoterico questa spiegazione che io ho dato entra perfettamente nel discorso di Evola, cioè in pratica è effettivamente il femminile che è simbolicamente lo zero, il comprensivo, e poi il maschile è la manifestazione, l’uno in questo senso, perché si esprime.

 

Quindi esotericamente ci siamo e anche ci serve questo discorso per evitare, come dici tu, delle ambiguità, nel senso che il femminile è onnicomprensivo, continua quel paradosso che partiva dal periodo di Agostino sul fatto che la donna non avesse o avesse l’anima, che poi da quello che io ho letto qui nel paragrafo in realtà poi loro distinguono tra anima e spirito, come se praticamente comunque lo spirito ce l’avesse, il femminile in questo caso la donna, e non possedesse l’anima. Ma una volta che noi però abbiamo spiegato in maniera molto basica che in realtà l’essere umano prima di diventare maschio e femmina, questa cosa viene eliminata ab origine, non so se sei d’accordo, perché se loro l’avessero saputo, nel senso di come si forma l’essere umano all’interno dell’utero, non avrebbero avuto tutte queste elucubrazioni, che ne dici? Stavo anche pensando, abbiamo visto l’importanza del simbolismo dell’androgene, quindi un’idea chiaramente non di carattere fisiologico ma simbolico che, è relativa ad una unità originaria del principio maschile e di quello femminile, è molto radicata nella tradizione esoterica. L’androgeno in qualche modo, in forma intuitiva, ci mostra come la perfezione sia la perfetta simmetria, l’ordine e l’armonia fra le due componenti.

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