Nicola Bizzi si occupa da molti anni di studi e ricerche nell’ambito delle antiche tradizioni misteriche e religiose dell’area del Mediterraneo. Scrittore, conferenziere, editorialista è fondatore e titolare delle Edizioni Aurora Boreale, casa editrice per la quale cura la collana di studi misterici ed iniziatici Telestérion e la collana di studi politici Politeia.
Dalla sua introduzione del saggio di Achille Mazzoleni:
“La Sicilia, terra di sole, di miti, di tradizioni e di civiltà, centro simbolico e geografico del Mediterraneo, da sempre punto di incontro tra Africa e Europa, tra Oriente e Occidente, con la sua storia ed i protagonisti delle sue vicende è stata rappresentata in numerose opere letterarie, dall’antichità fino ai nostri giorni. A molti però sfugge quanto l’isola di Trinacria, che vide il peregrinare di Odisseo, il genio di Archimede e di Empedocle, il dramma del ratto di Kore e le imprese dello Stupor Mundi Federico II, sia presente e narrata in numerosi canti della Commedia dantesca, l’opera più importante e significativa della nostra letteratura. Achille Mazzoleni, nato a Bergamo nel 1864 e laureatosi in Lettere a Pavia, insegnò in Sicilia, ad Acireale dal 1890 al 1893. Nel 1893 scrisse e pubblicò “La Sicilia nella Divina Commedia” un saggio fondamentale per la comprensione della geografia storica, mitico-simbolica e allegorica della somma opera dantesca. Un libro, unico nel suo genere, che mette in luce, a più livelli interpretativi, la costante presenza della Sicilia dei suoi protagonisti nella visione escatologica esoterica umana e cosmogonica di Dante Alighieri. In occasione nel 2021 del settecentesimo anniversario della sua morte e tutt’oggi in piena evoluzione (sono già usciti negli scorsi mesi saggi danteschi di Alessandro D’Ancona, Arturo Reghini, Giovanni Papini e Tommaso Ventura), le edizioni Aurora Boreale non potevano esimersi da pubblicare questo saggio. Un libro che tutti gli amanti e studiosi di Dante dovrebbero leggere e da cui trarre grande insegnamento. Un piccolo scrigno di inesauribili informazioni storiche, storiografiche, mitologiche allegoriche e letterarie e un profondo atto d’amore verso Dante e verso la Sicilia”.
Susanna Basile: “Perché ripubblicare oggi un saggio della fine dell’ottocento di Achille Mazzoleni?”
Nicola Bizzi: “Come ricercatore, storico ed editore mi diletto a ricercare testi del passato dimenticati ingiustamente o colpevolmente, riscoprendo un enorme patrimonio storico culturale e letterario che non viene riproposto ai lettori per motivi di convenienza economica o che si pensa che non possano interessare. Ho pubblicato diverse opere sulla Vita Nova e sulla Divina Commedia: Dante non si legge mai abbastanza e probabilmente non si legge nel senso giusto!”
S.B.: “Dante come scrivi nell’introduzione si presta a diversi livelli di lettura: a volte si resta fermi sul significato letterale o si va verso estremi del significato allegorico e metaforico mentre viene accuratamente evitato quello esoterico: “…la dottrina, che s’asconde sotto il velame degli versi strani” che Mazzoleni cita nel saggio. Tu cosa ne pensi?”
N.B.: “C’è stata un crociata per cancellare gli altri livelli interpretativi oltre a quello letterale. Cito personaggi come Umberto Eco che in “maniera colpevole”, perché lui conosceva bene gli aspetti esoterici di Dante, mise in atto un’operazione per nascondere il vero messaggio di Dante, che non è stato solo uno scrittore e un poeta, l’Alighieri. Per tornare a Mazzoleni che nato a Bergamo venne ad insegnare in Sicilia ad Acireale, scrisse questo libro per i suoi studenti, che amava moltissimo, che spronava a farli conoscere le proprie origini mitiche o reali. Infatti decide di fare questi studi sulla Sicilia, anche se il libro è di poche pagine, non occorre scrivere migliaia di pagine per raccontare verità, indirettamente racconta di un Dante umanista conoscitore della storia delle tradizioni, grande iniziato, ai Templari, alla Scuola Pitagorica, Rosacrociano, incarnava le tante anime della Tradizione Europea e poi, “dulcis in fundo”, Dante, non bisogna dimenticare, era in conflitto perenne con la chiesa e con il papato”.
S.B.: “Una prima lettura letterale dell’opera di Mazzoleni: nel 1893 erano appena passati vent’anni dall’Unità d’Italia e i siciliani indipendenti erano vivi e vegeti, “noi” orgogliosi di una terra di miti e Nicola Bizzi che pubblica questo saggio di appena quaranta pagine di testo, dove ci sono quaranta pagine di note bibliografiche dell’epoca. Non è un librettino piuttosto un pamphlet, uno scritto di carattere polemico o satirico, o almeno così io credo, che sia uno stimolo da parte tua di creare “lettori studiosi” che possano approfondire i dubbi che arrivano e le domande che si possano fare. Per esempio rispetto alle tue ricerche attuali che riguardano l’antico e mitico passaggio dagli dei titanici agli dei olimpici. Infatti ci sono delle figure ricorrenti tra cui Tifeo, Briareo e accenni anche a Polifemo: giganti e titani. Come mai se la nostra è terra dei miti, Dante individua proprio questi miti?”
N.B.: “Intanto bisogna definire il contesto delle conoscenze di Dante. Non era facile avere un certo tipo di testi nel Medioevo. Dante conosce Ovidio e Virgilio, ma ancora non conosce Platone che sarebbe stato tradotto dagli arabi e dai dotti di Bisanzio. Ma Dante da grande iniziato qual era, non poteva non conoscere l’antichità della Sicilia pregreca ad esempio gli Elimi, di origine anatolica, minoico-cretese-egeica. La matrice anatolica focalizzata sul matriarcato, l’adorazione delle Grandi Madri, degli antichi dei Titani, i creatori dell’umanità secondo l’opera di Esiodo, la Teogonia, che vengono sconfitti dalle popolazioni di matrice indoeuropea, appunto gli dei Olimpici che avrebbero stravolto l’essenza della cultura religiosa. Dante gioca con i toponimi sui miti di Tifeo, che viene sepolto sotto l’Etna, le eruzioni, i terremoti, lo scuotimento del suolo e le metamorfosi di Ovidio, sono miti ancestrali che lui conosce perfettamente, anche e soprattutto nel loro significato egemonico, cioè di un potere precostituito”.
S.B.: “A scuola, nei fumetti, nei cartoni animati, nei film esiste un preconcetto nei confronti degli antichi dei o semidei come i Titani (Titanomachia) e i giganti (Gigantomachia) Polifemo, Briareo, Tifeo, i cosiddetti cattivi, mentre i buoni risultano gli olimpici a cominciare dal re degli dei, cioè Zeus e tutta la sua progenie. Qual è l’origine di questa “mitica manipolazione”?”
N.B.: “Nel culto matriarcale nel passaggio dalle dee madri da minoici ai micenei, passa il concetto della Hybris, (empietà, tracotanza, orgoglio, superbia) cioè sfidare Zeus. Come azione da non fare perché così si è puniti: infatti i Titani ribelli vengono relegati nel Tartaro con possenti catene di oricalco, così non possono più nuocere. Nell’ultima fase della Titanomachia i giganti Tifeo e Briareo vengono fatti passare per cattivi, dopo che erano stati sconfitti i Titani, ancora ci provavano a detronizzare Zeus. In tanti luoghi della Sicilia sembra di poter vedere queste lotte, questi combattimenti in maniera reale e ci si ricollega con la nostra realtà e attualità. Dante giocava con i luoghi giocava con i nomi per esempio la Cicilia potrebbe benissimo essere la Cilicia regione anatolica, come dicevamo prima con te, dove il culto era quello di Cibele!”
S.B.: “A Catania c’è un quartiere che si chiama Cibali, c’è una via Cibele, un lavatoio con un fiume in piena città e una chiesa sulla sommità di un cono vulcanico dedicata alla Madre Vergine Maria, se questo non basta…”
N.B.: “Cibele soprattutto nella Sicilia orientale a Catania era una dea molto adorata. In Sicilia c’è stato il passaggio della dea Demetra per il rapimento della Kore sua figlia; la trasformazione della ninfa Aretusa compagna di giochi di Kore…gli scavi che non finiranno mai perché la Sicilia nasconde tantissimi tesori, tantissimi luoghi di incontro con il divino perché i templi non erano costruiti a caso ma rispecchiavano il cielo con la terra.”
S.B.: “La Sicilia era navigabile con tantissimi fiumi e porti fluviali. Ad esempio il fiume Gela attraversava diversi paesi dell’entroterra che ancora oggi conservano grandi chiese e piccoli agglomerati urbani, inspiegabili da un punto di vista storico e geografico…”
N.B.: “Come il fiume Platani ad Agrigento legato all’arrivo in Sicilia del re Minosse non quello di Creta, si chiamavano tutti così, minosse era un appellativo, ospitato dal re Cocalo un re sicano che appunto risaliva il fiume con le sue navi.”
S.B.: “Passiamo a Federico II, Dante racconta tre generazioni degli svevi la nonna Costanza, il padre Enrico VI, Costanza la madre e il figlio Manfredi li distribuisce tra inferno, paradiso e purgatorio, leggendo Mazzoleni, non c’è niente di casuale nella visione politica di Dante?”
N.B.: “Dante era profondamente anticlericale. Non era anticristiano abbracciava la tradizione pitagorica ma era molto vicino al cristianesimo giovannita, seguiva la tradizione della Maddalena, un cristianesimo diverso da quello dettato da Costantino, Giuseppe Flavio, Paolo di Tarso, Seneca. Il suo era il cristianesimo dei catari e dei templari, lui era un ghibellino, in Federico vedeva la speranza e quindi rompere con il potere del papato, è stato scomunicato solo tre volte”.
S.B.: “Quindi era normale per non essere scomunicati raccontare come si fa oggi con i film di fantascienza distopici qualcosa lontano per tempo e spazio per non incappare nella censura?”
N.B.: “La maggior parte del testo di Dante ma di tanti altri poeti e scrittori erano allegorie, metafore, criptate per poter essere comprensibili a chi aveva le chiavi messaggi criptati come per le opere d’arte del Medioevo Rinascimento.”