Julius Evola: Metafisica del sesso, secondo capitolo, il Mito dell’Androgine e conseguenze, Eros e le varietà delle ebbrezze, Afrodite Urania l’eros e la bellezza, La brama il mito di Poros e Penia

Il prof. Luca Siniscalco si occupa a livello accademico e in parte anche divulgativo di tematiche filosofiche, estetiche e di carattere esoterico, in particolare collabora con la Fondazione Evola

Il prof. Luca Siniscalco si occupa a livello accademico e in parte anche divulgativo di tematiche filosofiche, estetiche e di carattere esoterico, in particolare collabora con la Fondazione Evola, e ha avuto insieme alla sottoscritta il piacere di coordinare questo ciclo di incontri, dedicati all’approfondimento di uno dei temi forse di maggior attualità dell’opera evoliana, ma al contemplo di uno di quelli forse meno noti e meno approfonditi per il suo carattere un po’ eccentrico rispetto a certi schemi interpretativi, a certe riduzioni del pensiero di questo affascinante controverso autore.

Nell’incontro di oggi proseguiamo il nostro approfondimento concentrandoci sul secondo capitolo dell’opera che fra l’altro porta il nome assai pregnante che dà il titolo alla stessa opera, cioè:  Metafisica del sesso. Le domande individueranno i nomi dei paragrafi

Susanna Basile: Che cos’è il mondo tradizionale e che cos’è il mito dell’Androgine?

Luca Siniscalco: Il mondo della tradizione è quel riferimento fondamentale del pensiero che appartiene pure nella sua estrema originalità all’interno di quel novero di riflessioni che è solitamente definito tradizionalismo integrale o perennialismo, in quale si postula l’esistenza di un insegnamento tradizionale di carattere metafisico e spirituale, frutto di una rivelazione primordiale che sarebbe stato formalizzato all’interno delle grandi tradizioni religiose e in particolare nelle sue vette più alte nelle tradizioni esoteriche interne a queste religioni. E in questo modo trasmesso. Tradizione si riferisce proprio anche a questa dimensione di trasmissione iniziatica, di generazione in generazione a gruppi elitari, ma in parte anche alle masse all’interno delle civiltà tradizionali, mediante in qualche modo riduzione, simbolizzazione di questo messaggio metafisico sino all’età moderna. L’età moderna che sorge proprio come una forma di decostruzione dei principi fondamentali della tradizione moderna che nasce nell’occidente e nell’Europa all’interno di una catena di vicende su cui non possiamo soffermarci a cui Evola ha dedicato, fra gli altri, uno dei suoi saggi più importanti “Rivolta contro il mondo moderno”, che trovò il suo culmine, il suo apice nella modernità settecentesca, nella rivoluzione francese, nell’individualismo, nell’etnocentrismo, nella secolarizzazione e poi nell’avvento in un contesto filosofico della questione del nichilismo.

S.B.: Secondo Evola non c’è una evoluzione da questo punto di vista, ma c’è un’involuzione dell’uomo perché siamo nel periodo del Kali Yuga, dell’età del ferro, quindi questo era in questo senso. Per cui quando lui parla di mondo tradizionale, parla di un “mondo magico”.

L.S.: La datazione della decadenza secondo la prospettiva indiana del Kali Yuga è un epoca estremamente estesa, per cui il lato più concreto e effettivo della interpretazione evoliana, per il contesto europeo, sicuramente a partire dalla modernità, manualisticamente parlando dalla cosiddetta età moderna, quindi dal ‘500 in poi e con la fine del Medioevo, che essenzialmente questo processo si palesa in tutta la sua forza. Correttamente hai posto in connessione tale questione con il mito dell’Androgine, perché questo tipo di decadenza, che riguarda tutte le forme della produzione dello spirito umano, coinvolge anche l’antropologia e il mito dell’Androgine che Evola ricava soprattutto ma non solo, da Platone e dal celebre Convivio o Simposio. Il Simposio racconta proprio di una degenerazione attraverso il linguaggio del mito dell’uomo dalla sua unità originaria quella che nel linguaggio evoliano sarebbe esistita all’interno dell’Età dell’Oro in una scissione, in un dualismo, una forma in qualche modo di alienazione che avrebbe portato alla formazione dell’Uomo, ossia dell’individuo sessuato che nella nostra generazione e nella prospettiva corrente è l’uomo biologico di natura, l’uomo o la donna di natura.

Che cosa ci dice il mito dell’Androgine? Platone racconta di questa razza antichissima che avrebbe avuto le fattezze di un umano raddoppiato, quindi caratterizzata da due teste, quattro braccia, quattro gambe e così via, da una forma sferica, la sfera, il cerchio sono simboli nel mondo greco antico di perfezione, c’è anche un forte riferimento a Pitagora, rispetto a questa geometria sacra del simbolismo che Platone ci propone. Questi esseri contenevano al contempo dentro di sé il principio maschile e quello femminile e quindi avevano due sessi. Questa razza era potentissima, secondo Platone, secondo il suo mito aveva un tratto prometeico ed erano imparentati con i Titani e con i Giganti. Per questa loro forza gli androgini preoccupavano le divinità olimpiche che rappresentavano la dimensione della legge, del nomos nel mondo greco, le quali temettero di potere subire un attacco o una messa in discussione del proprio potere da parte di queste creature nobili e perfette. Quindi Zeus intervenne e paralizzò la potenza di queste creature spezzandole in due. Da qui il sorgere, e qui cito un passaggio di Evola “di essere di sesso distinto portatori come uomini e donne dell’un sesso ovvero dell’altro, esseri dei quali tuttavia permane il ricordo del precedente stato, e si accende l’impulso a ricostituire l’unità primordiale.

Perché l’androgine, che anche etimologicamente si riferisce appunto alla compresenza di uomo e donna, “aner” in greco è l’uomo e “gunè” la donna, è una creatura spezzata che conserva però dentro di sé la memoria del proprio essere simbolo, “coincidentia oppositorum”, per usare un linguaggio della mistica, quindi la tensione erotica che l’uomo prova verso la donna e viceversa, secondo Evola, lettore di Platone, una memoria un ricordo di quella unità originaria, il fatto che l’uomo si senta in qualche modo spezzato, che voglia, nell’atto sessuale ricongiungersi all’amato, da un punto di vista biologico, si manifesta nel rapporto sessuale e al suo apice nell’esperienza dell’orgasmo, che è un’esperienza materiale contingente di rimando a questa unità profonda del congiungimento spirituale.

S.B.: Avendo analizzato Adamo ed Eva mi rifaccio ad Evola riferendomi all’immortalità dell’androgine dal momento in cui viene diviso e quindi viene separato da uno, diventa due e nasce questo discorso della mortalità che in qualche modo viene associato alla perdita, alla caduta. Come Adamo primordiale che Dio maschio e femmina lo creò e che era l’androgino, a un certo punto invece viene diviso da Adam nasceva, Eva chiamata, da lui “la vivente”, e poi il serpente che tenta prima Eva e di conseguenza Adamo, sul fatto che “mangiate di questo frutto e diventate immortali”, quindi la ubris, l’empietà, la disubbidienza, nei confronti del creatore è la stessa dell’androgine. Un discorso di interpretazione sulla conoscenza intesa come ubris e disobbedienza, è appunto l’Eros come “conoscenza”.

L.S.: Il tema di tutto il saggio è l’interpretazione di Eros, al di fuori, di criteri  che non siano soltanto biologici, o soltanto psicologici, ma una loro integrazione anche alla luce di un esigenza conoscitiva e spirituale. E proprio in prossimità della riflessione sull’ Androgine, Evola cita un passaggio molto bello dell’ Upanishad, che così suona. “Non per la donna in sè, la donna desiderata dall’uomo, bensì per l’Atma, cioè per il principio che corrisponde allo spirito e all’immortalità”.

La stessa funzione erotica che troveremo nel Simposio di Platone, in particolare, nella celebre figura della “scala amoris” di Diotima, cui pure Evola farà riferimento in questo capitolo, in cui eros diventa la forza propulsiva che proprio mette in cammino l’esigenza di ricerca del filosofo. E quindi Eros come un ponte verso la conoscenza, un ponte verso la gnosi, possiamo dire, un ponte verso l’immortalità che, in termini sia simbolici che esoterici, non è una vita illimitata in termini di durata, ma proprio la conquista di una qualità extra temporale alla propria vita.

S.B.: L’ Eros e le varietà delle ebbrezze

L.S.: Platone spiega appunto che l’eros è mania, cioè follia, furore, proprio per tutte le note ragioni emotive che ci coinvolgono quando proviamo questo sentimento, che questo contesto più che come sentimento è probabilmente visto come appunto l’apparizione di una divinità, quindi, di una forza numinosa che ci travolge, Eros ci fa delirare nel senso etimologico, ci fa uscire dal percorso consueto, e in questo senso è una forza potenzialmente positiva.

S.B.: Ma infatti, i quattro generi di mania, a cui fa riferimento Platone, che io mai avrei pensato di definire in questo modo, parlando di Afrodite, di Eros, della mania profetica di Apollo, quella dell’inizio di Dioniso, e la mania profetica delle Muse, Eros ha a che fare con il discorso della creatività, come la poesia, la musica, la pittura, la scultura, da questo punto di vista, per potere ambire all’immortalità, che riguarda il potere della madre, l’Estasi, che contiene tutto ciò che ha che fare con la creatività, che non è creazione, cioè nel senso, la creatività è una cosa che ha che fare con l’unione, con il divino. Il discorso di procreare non è il fine del rapporto tra uomo e donna da un punto di vista erotico, perché non lo è in tante culture, non è il pensiero fondamentale dell’ unione tra l’uomo e la donna.

L.S.: La figura della mania di Apollo, nei recenti studi, che da dio luminoso e solare è cuore di tenebra archetipi di unione insieme a Dioniso che veniva configurato come distruttore che invece è la forza generatrice conoscenza, spiritualità…apollinismo dionisiaco.

S.B.:  Apollo prima di essere Apollo, è stato individuato con il Dio Febo e con Maschile e Femminile, visto che lui è gemello di Artemide. Secondo una rivendicazione dei Titani sugli Olimpici, l’essere che doveva uscire dall’utero di Leto non fosse un maschio e  una Femmina, ma fosse un essere unico, un essere potente. Zeus intercettando Leto non solo cerca di non farla partorire da nessuna parte ma interviene sulla nascita dividendo in due l’Androgine. Afrodite Urania l’eros e la bellezza

L.S.: Afrodite Urania è l’amore di carattere divino e Afrodite Pandemia l’amore volgare, popolare. Perché questo amore popolare è limitato, perché Platone non è anche un elitista da un punto di vista politico, ma soprattutto perché è una riduzione dell’amore, appunto una dimensione superficiale, materiale in cui viene perso il legame con il divino, con i cieli. E qui è interessante perché, in qualche modo Evola mostra come lo stesso fenomeno possa essere visto e vissuto da punti vista diversi. Le diverse Afrodite presiedono diverse forme d’amore, ma la diversità di queste forme d’amore non è tanto legata a specifici e pratiche di carattere sessuale o a singoli modi di relazionarsi, all’altro stesso quanto proprio la modalità interiore, con cui ci approcciamo a tale dimensione.

S.B.: La brama il mito di Poros e Penia: che tra l’altro è un mito molto interessante per tantissimi aspetti che è poco praticato. Ti volevo fare una domanda se brama come desiderio e concupiscenza è in qualche modo connesso con Brahman che è una delle tre manifestazioni di Dio per l’induismo Brahman il creatore, Visnu il conservatore, Shiva il distruttore…

L.S.: Allora, non sono linguista, non credo sinceramente ci sia una connessione etimologica specifica, ma la brama, come desiderio, è un principio molto importante nel mondo indiano. E anche qui spesso si ha un’idea un po’ dualistica e banalizzata dell’ascesi indiana, un misticismo, come dire, tutto fatto di privazioni, in realtà il tema del desiderio, proprio nella metafisica indiana è molto importante, perché è quella forza energetica che in qualche modo anima il cosmo. Le divinità indiane desiderano tantissimo e convogliano questo desiderio nella creazione, peraltro il piacere Kama è una divinità assolutamente rispettata e adorata.

Quindi, Brahman è nella Trimurti indiana, è il principio cosmico dell’origine.

Questa dimensione nella quale il sé deve riconoscersi, c’è questa frase dell’Upanishad “tu sei quello”, cioè, dovrebbe pronunciare pur conoscendo nell’altro da sé, l’identità con se stesso.

Quindi “tu sei quello”, significa che la mia identità dell’Atman, del mio principio spirituale con il Brahman, il principio cosmico, è un principio originario e questo tipo di concezione da un punto erotico, dovrebbe portare, questo lo si vede anche occidente, con l’invito a non commettere idolatria rispetto all’amato, che diciamo diventa problematico da un punto vista spirituale quando noi crediamo che l’amato sia, come dire, un ente totalmente diverso da noi, a cui noi ci subordiniamo e che, egoisticamente, vogliamo possedere. Questo tipo di atteggiamento crea divisione, ma l’essere spirituale, limita tanto noi stessi quanto l’altro nella creazione della nostra identità. Quando invece noi riconosciamo che proprio nell’altro, anche nel contesto sessuale, troviamo noi stessi perché in quanto androgini, in quel momento, percepiamo questa unità cosmica che è la stessa unità di Atma e Brahman, e allora, si ha una rivelazione di carattere interiore, di carattere spirituale.

S.B.: Racconto il mito: Poros, è sull’Olimpo alla festa di compleanno di Afrodite. Si ubriaca ed esce fuori incontra Penia che è appunto non è stata invitata alla festa perché non aveva il vestito adatto. Penia da sempre ama Poros, approfitta del suo essere inebriato si congiunge con lui e nasce Eros. Quindi Poros rappresenta in questo senso la pienezza. Penia rappresenta la privazione.

L.S.: Nel Platonismo classico questi due sono appunto degli attributi fondamentali di Eros. Penia privazione, quindi chiaramente Eros richiede che in amore si senta la mancanza, perché se non sentiamo la necessità di completarci e Eros non vi può esservi, e Poros è l’espediente, quindi quella intelligenza di quelle tecniche, quelle pratiche d’amore, che l’innamorato mettendo in gioco per poter realizzare e conseguire la propria umanità. Evola però va un po’ oltre gioco, il significato di questo primo livello simbolico, in particolare riprende un’ interpretazione di carattere plotiniano, sostenendo che Eros avrebbe una duplice nascita. “La prima nascita viene messa la relazione con la Afrodite Urania come configurazione della controparte Femminile del puro principio intellettuale Maschile cioè Nous, da questo fecondata, e a lui eternamente congiunta, è produce Eros, che è l’amore primigenio che nasce tra i due, dalla propria beltà, desiderio reciproco dell’ amato e dell’amata che vedono ciascuno e se stesso riflesso nell’altro. Quanto alla seconda delle nascite di Eros, Plotino si riferisce appunto al mito di Poros e Penia. L’eros, procreato da questa coppia, è il desiderio che si accendere nella regione inferiore, affetto della razionalità e da un’eterna privazione interiore, essendo sottoposto a un’unione di sé, come un semplice riflesso fantasma del bene vero.

S.B.: Un’immagine che ricorda molto per chi conosce alcuni temi tantrici, un’unione di Shiva e Shakti. Alla fine si tratta anche in questo caso di un recupero di un mito indiano, quindi il concetto di essere e non essere. C’è l’essere di Potos e il non essere di Penia. Quindi il vuoto e il pieno. Se non c’è un vuoto, non ci può essere un pieno, da questo punto di vista, il desiderio viene sempre generato da una dualità, andare verso l’altro. Però come dici tu, non è la tendenza, non lo sarà mai nella nostra società, ogni volta che sentiamo le canzoni, leggiamo i romanzi, vediamo i film, c’è sempre questa ricerca dell’altro e dell’altra, da un punto di vista fisico. L’altro, l’altra mi serve perché capire chi sono io, da un punto di vista proprio, dell’ individuazione e nello stesso tempo di elevazione dell’Eros. In realtà l’altro, poi invece, cosa fa? Ci annichilisce! Apparentemente, c’è un discorso dell’amore iniziale, della passione dell’eros, poi dopo finendo questo, perché non siamo in grado di alimentarlo, a livello energetico, non facciamo altro che ricercare sempre la stessa cosa, in un altro corpo, in un’altra mente, in un altro essere umano. Sempre allontanandoci dal fatto che prima dobbiamo essere noi, essere completi a noi stessi! Quel discorso che diceva Evola, della donna assoluta e dell’uomo assoluto, che poi si può congiungere con l’altro una volta che è completo se stesso. Il sistema è sempre lo stesso da questo punto di vista. Cercare il ricordo dell’altro da me, dell’androgine originario attraverso le tecniche della conoscenza, dello studio, della meditazione, della creatività, quindi in realtà anche la creatività delle muse. Le manie che abbiamo visto prima, non farebbero altro che esaltare questo ricordo che c’è dentro di me alla ricerca dell’altro, l’altro da me che è dentro di me, per poi andare in giro per il mondo e potermi unire all’altro che completa se stesso.

Dice Platone sull’amore:

“Amore, non è, nè bello, nè delicato come pensano molti, ma a somiglianza della madre è duro, scalzo e peregrino, usa dormire nudo per terra e con la miseria sempre in casa. Ma è anche come suo padre insidiatore dei ricchi ,coraggioso, audace, risoluto, sempre pronto a escogitare nuovi trucchi per sopravvivere e inventore di trappole”.

 

 

Exit mobile version