Video intervista a Nicola Bizzi editore, storico, sul suo testo “Ipazia di Alessandria e l’enigma di Santa Caterina”. il testo dell’articolo è stato tratto da una sua pubblicazione sul sito della casa editrice Aurora boreale Edizioni
I Cristiani, una volta preso stabilmente il potere a Roma, è fatto noto che si dedicarono ad una spietata e sistematica persecuzione nei confronti non solo delle loro eresie interne, ma di tutti i culti e di tutte le plurimillenarie religioni dei gentili, trasformando in pochi decenni quello che era un Impero fondato sulla piena tolleranza e libertà religiosa in una teocrazia nelle mani di un manipolo di vescovi fanatici e assetati di sangue, contribuendo così a far scivolare l’intera civiltà occidentale nel baratro del Medio Evo. Innumerevoli furono le illustri vittime di questa tremenda fase persecutoria avviata dai successori di Costantino, e fra tutte spicca la figura di Ipazia di Alessandria, la grande filosofa, iniziata e scienziata barbaramente assassinata nella capitale egiziana nel 415 da monaci istigati dal vescovo Cirillo. E, anche se la damnatio memoriae continuò meno, in poca cristiana, da un punto di vista istituzionale (vi fu un drastico calo di formali condanne a tale pratica sanzionatoria, soprattutto nei confronti di Imperatori ed alte cariche dello Stato), essa divenne una prassi comune, quasi obbligata, nei confronti dei nemici e degli avversari – interni ed esterni – della Chiesa. Nemici ed avversari dei quali si tentò con ogni mezzo di cancellare o di obliarne la memoria, arrivando ad utilizzare la calunnia e la deliberata distorsione storica di fatti e vicende ad essi legate.
Ma la vittima più illustre, con il consolidarsi del potere della superstitio prava et immodica (come la definì Plinio), exitiabilis superstitio o superstitio malefica, come la definirono rispettivamente Tacito e Svetonio, fu senza dubbio la Tradizione Occidentale. Il grande Arturo Reghini sottolinea l’intolleranza religiosa, per cui diviene delitto perseguibile legalmente l’eterodossia del pensiero, non era sicuramente un carattere greco-romano. Il santo zelo della propaganda neppure; la subordinazione dei doveri del cittadino a quelli del credente, degli interessi della patria terrena a quelli della patria celeste neppure; la pretesa di rinchiudere la verità negli articoli di un credo, il fare dipendere la salvezza dell’anima dalla professione di una determinata credenza e dalla osservanza di una determinata morale neppure; lo spirito anarchico e democratico della fratellanza universale ed obbligatoria, della similitudine del prossimo e dell’eguaglianza neppure. E questa forzata cristianizzazione dell’Occidente, imposta con la spada e con lo scudo e al prezzo di centinaia di migliaia di martiri, ne ha pesantemente stravolto (anche se non cancellato del tutto) l’anima e la più intima essenza.
In taluni casi si è arrivati addirittura, in un curioso parallelismo con la sovrapposizione e sostituzione “sincretica” di santi cristiani alle Divinità gentili originariamente venerate in determinati templi, santuari o altri luoghi di culto, alla creazione ad hoc di figure immaginarie di santi, costruite ed amplificate dall’agiografia, destinate ad essere sovrapposte a figure scomode del precedente regime dottrinale e, nei fatti, a sostituirle nell’immaginario popolare. Il ricorso ad una simile pratica si rendeva necessario, agli occhi della Chiesa, soprattutto quando le figure da obliare risultavano particolarmente “ingombranti” o nel caso in cui fossero state talmente note presso l’opinione pubblica da renderne praticamente impossibile una cancellazione o una semplice damnatio memoriae tout court. E questo fu proprio il caso di Ipazia di Alessandria, per la cancellazione della cui memoria la Chiesa dovette inventarsi una figura che ne rivestisse, seppur abilmente invertite e ribaltate nei contenuti, le principali caratteristiche. Stiamo parlando della figura di Santa Caterina di Alessandria.
Secondo la tradizione popolare cristiana, Caterina sarebbe stata una bella e giovane vergine egiziana educata secondo i dettami del Cristianesimo. La Leggenda Aurea del Da Varagine la fa addirittura figlia di re e istruita fin dall’infanzia nelle arti liberali. Sempre secondo la tradizione, nell’anno 305 un imperatore romano avrebbe tenuto grandi festeggiamenti in proprio onore ad Alessandria. La Leggenda Aurea parla di Massenzio, ma molti ritengono che si tratti di un errore di trascrizione e che l’imperatore in questione possa essere stato invece Massimino Daia, che proprio nel 305 fu proclamato Cesare per l’Oriente nell’ambito della Tetrarchia (Governatore d’Egitto in quell’anno era invece, fin dal 303, il prefetto Clodio Culciano, che non pare possa essere il protagonista della storia). Caterina si presentò a palazzo nel bel mezzo dei festeggiamenti, nel corso dei quali si celebravano “feste pagane” con sacrifici di animali e accadeva anche che molti cristiani, per paura delle persecuzioni, accettassero di adorare gli Dei. La giovane rifiutò i sacrifici e chiese all’imperatore di riconoscere Gesù Cristo come redentore dell’umanità, argomentando la sua tesi con profondità filosofica. L’imperatore, che, secondo la Leggenda Aurea, sarebbe stato colpito sia dalla bellezza che dalla cultura della giovane nobile, convocò allora un gruppo di retori affinché la convincessero ad onorare gli Dei. Tuttavia, non solo questi retori non riuscirono a convincerla, ma essi stessi dall’eloquenza di Caterina sarebbero stati prontamente convertiti al Cristianesimo. L’imperatore, infuriatosi, ordinò allora la condanna a morte di tutti questi retori e, dopo l’ennesimo rifiuto di Caterina ad onorare gli Dei, la condannò a morire anch’essa su una ruota dentata. Ma, narra sempre la tradizione agiografica, lo strumento di tortura e condanna si ruppe e Massimino fu obbligato a far decapitare la santa, dal cui collo sgorgò latte, simbolo della sua purezza.
Al contrario della fantomatica Caterina d’Alessandria, l’esistenza di Ipazia di Alessandria e il suo martirio (che venne occultato per secoli) perpetrato ad opera del vescovo Cirillo e dei suoi fanatici monaci, è dettagliatamente e abbondantemente documentato da fonti attendibilissime, fin dai giorni dei tragici eventi di Alessandria che, ricordiamo, iniziarono con la distruzione della più grande Biblioteca del mondo antico, sede di tutto il sapere romano-ellenistico e grande centro di trasmissione iniziatica.
Pochi sanno che alcune Scuole e Tradizioni Misteriche dell’antichità, in primis quelle Eleusine di Rito Madre e di Rito Pitagorico, sono sopravvissute fino ai nostri giorni, infiltrandosi addirittura all’interno della Chiesa, e determinando alcuni fra i maggiori eventi e fra le maggiori trasformazioni sociali degli ultimi secoli, a cominciare dal Rinascimento. Il Rinascimento, infatti, per via della presenza attiva di importanti iniziati Eleusini all’interno delle principali Corti e Signorie dell’Italia centro-settentrionale del XV° e XVI° secolo (in particolare in quella dei Medici a Firenze, in quella Estense a Ferrara e in quella dei Da Varano a Camerino) potette esplodere in tutto il suo splendore, con la riscoperta dell’Arte, della Filosofia e della Letteratura della Classicità e con una piena rinascita delle Scienze, accompagnata ad una vera rinascita delle coscienze.
A differenza di altri illustri personaggi di quel tempo, di cui è attestata e ben documentata l’appartenenza a determinati circoli iniziatici “pagani” di ambito pitagorico o neoplatonico, non ho fino ad oggi trovato elementi tali per poter confermare con certezza l’appartenenza a certi ambiti del Cardinale Branda Castiglioni. Anche se la sua figura di amico di potenti, legato da profonde amicizie con i sovrani dell’epoca, umanista, mecenate della cultura e delle arti attento alle correnti artistiche e letterarie del momento, tanto da farne un indiscusso punto di riferimento per tutta la cultura del suo tempo, farebbero propendere per questa ipotesi. Ma, ancor più di queste sue caratteristiche non di poco conto, l’indizio maggiore di una segreta appartenenza di Branda Castiglioni ad ambiti iniziatici tutt’altro che cristiani potrebbe fornircelo proprio il fatto di aver commissionato a Masolino da Panicale il ciclo di affreschi su Santa Caterina d’Alessandria proprio nella basilica di S. Clemente a Roma, nel cuore della Cristianità.
A prescindere da una sua ipotetica appartenenza iniziatica, un uomo di profonda cultura come Branda Castiglioni non poteva certo ignorare la figura di Ipazia di Alessandria e l’artificiosità del mito agiografico della santa, fino ad arrivare alla sostituzione “sincretistica” della prima con la seconda operato dalla Chiesa nel tentativo di cancellarne per sempre la memoria.
Che ragione poteva avere, quindi, un Cardinale di Santa Romana Chiesa a commissionare a un artista come Masolino da Panicale (non certo estraneo alle simbologie esoteriche), fra un numero di santi e martiri pressoché sterminato a disposizione, proprio degli affreschi dedicati alla santa-fantasma nel cuore del potere papale?
La mia è soltanto un’ipotesi che forse non troverà conferma, ma ritengo che egli volesse lanciare un preciso messaggio a chi era in grado di comprenderlo: che la Filosofia, e con essa la Tradizione Iniziatica dell’Occidente, nonostante secoli di persecuzioni, era più viva che mai e che il Rinascimento delle Arti, della Sapienza e della Cultura, che in quegli anni stava prendendo forma, avrebbe presto gridato al mondo intero, attraverso lo splendore sibillino delle sue grandi opere d’arte, che Ipazia stessa era viva, più viva che mai, nei cuori e nelle menti degli uomini liberi.