Graziella Milazzo è una Storica dell’arte, presidente di Arnau de Vilanova Institute specializzata in Arti visive, che dopo anni di insegnamento si è dedicata anche agli studi antropologici ed etnografici, conseguendo un ulteriore titolo presso la prestigiosa Alma Mater Studiorum di Bologna. Ormai da anni la studiosa si dedica a ricerche sulla storia di Montalbano Elicona e Argimusco; forse ci spiega perché la sua famiglia materna è originaria del posto, forse perché affascinata dalla sua bellezza o forse semplicemente per un sentimento di giustizia intellettuale.
“L’origine di Argimusco in realtà non è più un mistero da molti anni – spiega la Prof.ssa Milazzo – nel saggio ‘Argimusco Decoded’ Paul Devins, con la prestigiosa collaborazione di Alessandro Musco, ha ampiamente spiegato le ragioni per cui le rocce presenti sul luogo sono state manipolate dall’uomo e per quali fini, non comprendo infatti perché taluni studiosi si rifiutino ancora di non accettare l’evidenza, ostinandosi a sostenere che le conformazioni rocciose presenti su Argimusco siano casuali.
In Argimusco Decoded con dovizia di fonti storiche e deduzioni logiche è spiegato ampiamente come dietro il posizionamento e la conformazione di alcune rocce ci sia un progetto. L’idea fu di Arnaldo da Villanova, medico e alchimista, il cui intento era quello di realizzare un sanatorio all’aperto per curare la gotta di Federico III Re di Sicilia, seguendo le applicazioni della medicina astrale in voga nel medioevo.
Sull’ultimo saggio di Paul Devins su Argimusco, realizzato grazie alla ricostruzione degli appunti lasciati dallo scrittore alla studiosa Graziella Milazzo, leggiamo delle considerazioni molto interessanti sulle frequentazioni e gli interventi strutturali sull’altipiano successive al medioevo.
Nel saggio si legge infatti che all’interno di Argimusco non troviamo soltanto statue megalitiche risalenti al medioevo, grazie all’intervento pianificato dal medico Arnaldo da Villanova per praticare della medicina astrale, ma ritroviamo alcune statue poste a completare l’opera dello specchio/sigillo che rappresentano costellazioni celesti risalenti ai primi dell’800 (Chioma di Berenice, Scudo e Sestante).
Come è possibile? Così Paul Devins e Graziella Milazzo sono risaliti ai fatti.
“Crediamo sia giunta l’ora di riprendere una pista di indagine, tracciata come ipotesi nel Decoded, ma di cui il testo stesso dice “confina con la leggenda”.
Nel Decoded si legge che Cagliostro nell’andare da Palermo a Messina, ove aveva quali parenti una certa famiglia Cagliostro, sarebbe dovuto passare vicino ai luoghi di Argimusco. […]
Cagliostro stesso racconterebbe che a Messina avrebbe incontrato il suo primo maestro in campo medico e alchemico: tale Althotas. […] Imbarcatisi dal porto di Messina, il maestro e l’apprendista avrebbero viaggiato in Egitto, Oriente, Arabia e Persia, fino a Malta, dove l’Althotas l’avrebbe condotto ad incontrare il Gran Maestro dell’Ordine, Manuel Pinto de Fonseca. […] Secondo una voce, riportata da più parti in ambiente massonico, il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, il portoghese Manuel Pinto de Fonseca, fu non solo Mentore di Cagliostro, ma lo iniziò addirittura alle Arti Occulte, “essendo egli stesso un Iniziato conosciuto fra i suoi Pari con il nome di Althotas”. Dunque, Althotas era lo stesso Pinto de Fonseca sotto mentite spoglie”.
Quale il collegamento con Argimusco e le novità riportate nell’ultimo saggio?
“Un nobile, Federico Spadafora, della Casata siciliana omonima, è stato investito quale feudatario nel 1476-1482, a mezzo di “atto notario”, ovvero rogito notarile del feudo di “Argumusto” o “Argomusto”, “feudo di Montalbano”, insieme ai “Feudi Taverna o Pulvirello, Pulvirello Sottano, Li Losi (…), appartenenti alla baronia e terra di Montalbano”.
I proprietari del sito di Argimusco non erano, dunque, i Bonanno titolari del ducato di Montalbano.
La Casata nobiliare dei Spadafora pare avesse dei collegamenti proprio con la figura misteriosa del Althotas.
Come scrive ancora Devins: “Ciò che è storicamente accertabile è che il Gran Maestro Pinto da Fonseca presentò il Conte di Cagliostro al suo amico Cavaliere di Malta Luigi d’Aquino (1739-1783), Principe di Caramanico e Gran Maestro Nazionale della Gran Loggia Partenopea di Napoli e Sicilia. Il D’Aquino accompagnò Cagliostro a Napoli, su precise disposizioni di Manuel Pinto da Fonseca. Fu proprio da Napoli, come è noto, che il giovane Cagliostro iniziò il suo viaggio di conoscenza per l’intera Europa.
Orbene è lecito ipotizzare che se il Althotas /Pinto De Fonseca avesse veramente soggiornato a Messina, presumibilmente avrebbe dovuto prendere alloggio in una delle tante Case dell’Ordine su Messina.
Osta contro tale ipotesi il fatto che nel 1754 ci fu il sequestro dei beni dell’Ordine nel Regno di Sicilia, ordinato da Carlo III di Borbone e poi sospeso nel 1755, causa screzi sulle visite del delegato regio. Tali screzi continuarono.
Seguendo il racconto del Cagliostro e la tradizione raccolta dalla Massoneria, è ragionevole supporre che il Pinto De Fonseca, quale Gran Maestro dell’Ordine, si potrebbe essere, dunque, recato in Sicilia, ovvero a Messina sede regionale dell’Ordine, sotto le mentite spoglie di Althotas, per visitare in incognito i Cavalieri e ispezionare le Case dell’Ordine.
Si potrebbe, dunque, asserire che, verosimilmente, qualche adepto all’Ordine dei Cavaliere di Malta sotto gran segreto possa avere ospitato il Gran Maestro in Sicilia.
Chi potrebbe essere tale Cavaliere di Malta?
Crediamo logico asserire che il nobile Federico Spadafora, appartenente ad una famiglia che aveva vantato in passato ben 6 Cavalieri di Malta, potrebbe essere uno dei più ovvi candidati. Nel suo castello di Spadafora sono, peraltro, ancora visibili vari simboli dell’Ordine.
Egli tra il 1760 e il 1767, anni degli screzi con la Corona Regia, avrebbe potuto ospitare tale illustre ospite nei suoi viciniori castelli di Spadafora e/o Venetico.
Egli, come detto prima, era feudatario di “Argomusto”.
[…] È ragionevole ipotizzare che il giovane portoghese Alessandro Cagliostro, recatosi in visita a degli omonimi parenti Cagliostro residenti a Messina (alcune famiglie Cagliostro risiedono tuttora in provincia di Reggio Calabria), potrebbe essere stato introdotto all’altro illustre portoghese Manuel Pinto de Fonseca, allora soggiornante a Messina, sotto le mentite spoglie di Althotas.
Grazie alle cortesie del Cavaliere di Malta Federico Spadafora, il De Fonseca / Althotas avrebbe potuto recarsi, dunque, nel Feudo di Argimusco, proprietà dello stesso Spadafora. […]
Il sito era allora noto nei cenacoli alchemici, per come evincibile nel sonetto di Santinelli o nella testimonianza di Tommaso Fazello e del Della Porta, quale sede del “immortale” alchimista Arnaldo da Villanova, nume tutelare di tutti gli alchimisti dell’epoca.
Il passaggio di tali personaggi, seppure in incognito, dal Castello e dal Feudo di Argimusco degli Spadafora, è credibile supporre non debba essere stato dimenticato.
[…] Non è, dunque, irragionevole affermare che dopo la pubblicazione del testo del Bode, Uranographia nel 1801, con la succitata immagine della costellazione della Chioma di Berenice, qualcuno dei proprietari di Argimusco, memori delle conoscenze stellari acquisite dal duo Althotas / Cagliostro, possa avere deciso di completare l’opera di Arnaldo aggiungendo altre tre costellazioni.
Non risulta, però, traccia nella minuziosa contabilità della Casata di una consistente spesa di investimento sul luogo.
Unica possibile traccia, “un ingente prestito” dal patrigno Sir Benjamin Ingham (massone) a Carmelo e Carlo Ascenso Spadafora, figli di Alessandra Spadafora. Essi lo avevano ottenuto per beneficiare nel 1851 della metà del Principato di Venetico San Martino Spadafora ereditato dallo zio Domenico Spadafora Colonna, Principe di Venetico e di Maletto.
Che tale “ingente prestito” possa essere servito anche al completamento dell’opera arnaldiana è lecito ipotizzarlo, ma, per serietà, dobbiamo precisare di non avere prove documentali decisive a supporto, come invece nel caso del decreto federiciano del 26 agosto 1311 […] per la realizzazione dello specchio delle stelle. (Paul Devins, Argimusco Decoded – Quod est inferius est sicut quod est superius, pag 58,59)
La pista Devins dunque sulla realizzazione del sito megalitico di Argimusco si rende ancora più complessa e smantella completamente ipotesi sulle presunte origini preistoriche delle statue megalitiche ivi presenti. Dato inoltre il visibilissimo intervento umano su Argimusco è completamente da scartare l’ipotesi dell’origine naturale delle forme evidentemente riferite alle stelle e all’astronomia presenti sulle rocce dell’altipiano.