Da dove ha origine il culto di S. Agata? Come è possibile che una festa per una santa sia coinvolgente per migliaia di devoti? Era un culto di una dea preellenica? Nuove ipotesi suffragate da prove storiche e documentali. Prima di raccontarvi questa storia e queste nuove scoperte che faranno parte di un piccolo saggio documentato con prove storiche, antropologiche, fisiologiche è necessario spiegarvi il metodo d’indagine utilizzato.
Con il metodo storico e archeologico classico, ci sono molti eventi che non si riescono a spiegare. Spesso lo studio e ricostruzione del passato, accademicamente definito “scienza oggettiva”, si risolve in un’esperienza mediata e spesso soggettiva. Così l’interpretazione storica è influenzata dagli indirizzi, dai metodi, dagli strumenti e dalla personalità degli interpreti stessi e dalla conseguente struttura socioculturale ed economica dalla quale sono mantenuti. Il metodo storico-intuitivo presenta un nuovo approccio metodologico di indagine che si applica ai reperti storici antichissimi per l’assenza di elementi interpretativi diretti e per il fatto che sono stati elaborati con modi di pensare completamente diversi da quelli attuali, e per questo motivo risultano misteriosi. Sono ormai centinaia le pubblicazioni che riguardano un metodo di indagine che esula l’approccio storico-archeologico classico, a cui aggiungere anche centinaia di video su vari canali quali Youtube e ultimamente anche su Netflix, dove studiosi di indubbia fama dimostrano che la storia vada “riscritta” in barba ai sedicenti studiosi “accademici”. E il seguito di milioni di utenti, stanchi di essere tediati da interpretazioni prive di reali prove documentali, se non quelle create a tavolino, spesso insensate e prive di logica, come a volte capita con i dettami ideologici dettati dalla fede e conseguenti dogmi inspiegabili e imperscrutabili, appunto queste milioni di persone provenienti da tutto il mondo, hanno deciso che essere “defraudati” “raggirati” e “indottrinati” del proprio atavico passato, significa non poter capire come sarà il proprio futuro.
Introduciamo così il potere della Dea da parte Giuliano L’ Apostata, con un “Inno alla Madre degli dei”. Giuliano imperatore romano nato a Costantinopoli nel 331 d. C. cercò di restaurare il paganesimo, iniziò con atti di neutralità e finì con l’intolleranza anticristiana.
“Chi è dunque la Madre degli Dei? È la sorgente degli dei intelligenti e demiurghi che governano le cose visibili, la genitrice e allo stesso tempo la sposa del grande Zeus, grande dea venuta all’esistenza subito dopo e insieme al grande demiurgo. È la signora di ogni vita, causa di ogni generazione, che (oziosamente) porta a compimento nella quiete ciò che è fatto, partorisce senza dolore ed è demiurga col padre di ciò che esiste, è la vergine senza madre, il cui trono è in comune con quello di Zeus, ed è effettivamente la madre di tutti gli dei. Infatti avendo ricevuto in sè le cause di tutti gli dei intelligibili sovracosmici, divenne la fonte degli dei intelligenti. Questa dea….è anche provvidenza”. Questo il momento cruciale del passaggio “violento”, quale sia il vostro pensiero di cristiani attuali, tra paganesimo e cristianesimo: c’era già stato il Consiglio di Nicea nel 325 d.C. presieduto dall’imperatore Costantino I, il quale intendeva ristabilire la pace religiosa e raggiungere l’unità dogmatica. Quindi tutto quello che sarebbe successo dopo stava già diventando “eresia”…
Partendo dai culti dell’Anatolia (grosso modo l’attuale Turchia) si trovano dei gruppi di teofori, come venivano definiti coloro che erano posseduti dalla divinità. Erano chiamati “catanoensi”: circa seimila, uomini e donne, che si spostavano a seconda delle feste che riguardavano le varie divinità. Il termine viene dal greco catà che significa “dall’alto” e noesis che significa “intelligenza” alias intelletto, alias conoscenza.
È probabile che fossero devoti della dea Cibele, dea Madre Terra di origine anatolica e che poi i greci calcidesi, che hanno fondato Catania, portarono come culto. A Catania “i cataonensi” conservano un quartiere, una via, un lavatoio con un fiume sotterraneo detto Lognina e una chiesa dedicata alla Divina Maternità della Beata Vergine Maria, in precedenza dedicata alla Madonna delle Grazie. Ricordiamo che la chiesa originale è stata costruita dopo il terremoto del 1669 e che si trova su un cono vulcanico, dove è probabile ci sia stato un tempio dedicato alla Dea Cibele di cui sono state cancellate le tracce, tranne nel toponimo del nome del quartiere. I “catanoensi” nelle cerimonie votive durante l’equinozio di primavera, guidati dai sacerdoti della dea, suonavano tamburi e cantavano invasi in un’estasi orgiastica, poiché la Dea Cibele era la dea Madre della fecondazione, ma anche della distruzione nota come dea tellurica, cioè padrona dei terremoti. Per ricostruire il percorso della Dea con il suo tabernacolo si farà menzione nel saggio di prossima uscita, al percorso dei “coribanti”, cioè i devoti, di altre città del meridione d’Italia, dove ancora persistono le stesse usanze, che chiaramente per soppressione dei culti pagani, fanno riferimento alle Sante patrone di ogni luogo, infatti si tratta sempre di figure femminili, che riguardano quel territorio.
Senza risultare provocatori o offensivi rispetto al culto della patrona di Catania, la vergine e martire S. Agata, di cui sono state acclarate e confermate le origini del culto di natura isidea, cioè alle origini di Iside, dea madre di origine egizia, conserviamo ancora vestigia di questo culto nell’obelisco che sormonta il nostro simbolo dell’elefante in piazza Duomo a Catania. In realtà considerando che i simboli, le credenze e le culture della nostra città sono talmente intricate, complesse e sovrapposte, non sia escluso che la dea Cibele, che la dea Iside, e successivamente la nostra venerabile S. Agata, facciano parte dell’insopprimibile desiderio da parte dei devoti e devote di aver un contatto con la propria parte divina, da cui come esseri umani siamo stati generati. Ma ritorniamo alla dea Cibele. ll centro principale del culto era il santuario di Pessinunte, nella Frigia, da cui attraverso la Lidia passò approssimativamente nel VII secolo a.C. nelle colonie greche dell’Asia Minore e successivamente nel continente, a Roma.
Nella mitologia greca fu identificata con Rea, la madre degli Dei. Cibele viene generalmente raffigurata seduta sul trono o sul carro trainato da due leoni o leopardi; è accompagnata dal suo compagno Attis e dai suoi sacerdoti. Sul capo ha una corona turrita. La dea era venerata nella forma di pietra nera. Nel mito di spodestamento cioè quando gli dei olimpici presero il potere sui devoti della Madre degli dei, e quindi sugli dei Titanici, Zeus il re degli dei, desiderandola ebbe un orgasmo e fece schizzare del seme su una pietra. Da ciò nacque Agdistis, che da allora perseguitò gli dei con la sua malvagità demoniaca, fino a quando Dioniso si vendicò e lo evirò, trasformandolo in donna. Dal membro di Agdistis nacque il mandorlo, il primo albero primaverile, o un melograno. In altre trasposizioni del mito, le figure di Cibele (identificata anche nella pietra) e di Agdistis coincidono. La pianta crebbe e ingravidò una ninfa, Nana o Sangaride, che partorì Attis.
Attis fece innamorare di sé Cibele e Agdistis, ma pagò a caro prezzo la sua straordinaria bellezza: alla viglia delle sue nozze con la figlia del re Mida, fissate a Pessinunte, Agdistis lo fece impazzire costringendolo all’autoevirazione all’ombra di un pino. Il mito specifica che dal suo sangue nacquero le viole e che il suo corpo rimanesse incorrotto. Cibele come tutte le Dee mediterranee e asiatiche era Vergine, ma nel senso antico. La vergine non era colei che si asteneva dall’accoppiamento, ma colei che non era sottoposta all’uomo, che non aveva marito. Infatti già tra i Romani la vergine nel senso odierno era chiamata “virgo intacta”. In un’altra versione la Dea partorì un figlio, Attis, addirittura senza il concorso del maschio. Questi crebbe e da adulto divenne il suo paredro, a lei sottoposto. Ma Cibele era un’amante gelosa, e quando Attis la tradì innamorandosi di una ninfa, per altri della figlia del re Mida, per vendetta lo fece impazzire così Attis si evirò. Cibele fece in modo che il corpo di Attis non imputridisse e che i capelli continuassero a crescere. Seppellì poi i genitali di Attis, che diventò così Dio della vegetazione, che ogni anno muore e resuscita. Nel santuario di Iasos (Gela, Sicilia) e in quello di Malophoras, a Selinunte, statue di Cibele con leoncino e con un personaggio maschile con diadema, il paredro della Dea ad essa subordinato; sembra che anche nel cerimoniale la sacerdotessa fosse il personaggio principale cui i sacerdoti fossero subordinati. Infatti come lei rappresentava la Madre i sacerdoti simboleggiavano il figlio, e da qui la loro evirazione.
Cicerone, nelle Verrine, parla di un sacrario a Catania dove: “Nella parte più interna si trovava un’antichissima statua di Cibele (Cerere), che le persone di sesso maschile non conoscevano il suo aspetto fisico, e ne ignoravano l’esistenza. A quel sacrario gli uomini non possono accedere: la consuetudine vuole che le celebrazioni dei riti sacri avvenga per mezzo di donne sia maritate che nubili”. Ed eunuchi per il regno dei cieli. Come viene prescritto: Alla prima categoria appartengono quelli che non potevano farlo per cause naturali perché affetti da impotenza; alla seconda appartenevano i castrati, che nell’antico Oriente venivano sottoposti a questa pratica per vari motivi, tra cui quella di diventare funzionari di corte o sacerdoti del culto di Cibele; alla terza appartenevano quelli, che pur potendo avere rapporti sessuali, sceglievano volontariamente di non averli per dedicarsi completamente alla causa del regno di Dio.