Il personaggio di Barabba è storicamente confinato sul palcoscenico del Nuovo Testamento.
Vi compare unicamente nel momento in cui la folla chiamata da Ponzio Pilato a scegliere chi fra lui e il Nazareno deve essere graziato invoca la liberazione di Barabba. Poi scompare definitivamente dal radar della storia.
Eppure lo storico Roberto Finzi nel suo bel saggio “Liberaci Barabba! Un sottile progetto politico” edizioni EMIL, 2021, spiega attraverso un’inchiesta tanto minuziosa quanto storicamente documentata, che la scelta di Barabba non può essere liquidata in due parole perché è invece l’origine di tante conseguenze che arrivano fino ai giorni nostri.
La ricerca degli eventi di Finzi ha una cifra storica indiscutibile che scaturisce da una procedura di esegesi di fonti bi-millenarie scientifica, anzi “chirurgica”.
La ricostruzione ci consegna una narrazione da cui scaturiscono conseguenze radicali in termini politici, ideologici e filosofici.
Il popolo ebraico baratta la vita di un volgare ladrone israelita con quella del Cristo. Così è noto a tutti ma ad una prima interpretazione vi è da chiedersi con l’autore se, in quel preciso istante, il popolo ebraico non commetta indelebilmente un deicidio. E’ qui secondo Finzi che ha origine l’antisemitismo di matrice cristiana che trova un terreno fertile di cui nutrirsi.
“Barabba” diventa non a caso un sostantivo e aggettivo dispregiativo per definire alcuni difetti di una persona e la sua appartenenza alla stirpe di Mosè diviene un “must” pure linguistico.
Ma vi è una seconda interpretazione proponibile e Finzi la offre, senza esitazioni: la sponda israelitica considera la liberazione e ottenuta di Barabba come il frutto di un sottile machiavellico atto di insubordinazione da parte del popolo ebraico nei confronti dell’oppressore romano. Barabba in questo caso diventa un rivoluzionario della causa israelitica e la sua liberazione una vittoria diplomatica contro Roma e il Nazareno, di cui è negoziata la vita, poco più che un antagonista, compiacente con le forze di occupazione.
Infine una terza ricostruzione puntualmente riportata nel saggio da Roberto Finzi vuole che Gesù Cristo, al di là della sua origine divina, rappresenta una forza rivoluzionaria dirompente che minaccia i rapporti di forza del tempo e in particolare la supremazia imperiale romana. E allora l’esecuzione di Gesù in questa terza prospettiva è un’operazione di repressione controrivoluzionaria, effettuata a spese del popolo di Mosè ma assecondata dall’elite sacerdotale israelitica.
Queste tre interpretazioni presenti nel saggio di Finzi sono i semi di una sterminata letteratura che nei suoi sviluppi futuri avrebbero generato la “questione ebraica”. Non a caso dice Finzi nel detto “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, alcuni vi leggono un implicito invito cristiano all’asservimento imperiale, altri al contrario una minaccia all’autorità imperiale romana.
E con la questione ebraica l’autore, con dovizia di particolari e moltissimi documenti, ripercorre la testimonianza del cristianesimo che sembra affermarsi a volte in sintonia altre volte in contrapposizione dialettica con le vicende dell’Impero e quindi è a tratti forza di pensiero e azione conservatrice a tratti invece radicalmente rivoluzionaria.
L’autore comprende che il cristianesimo in questa particolare visione diviene questione di Realpolitik.
Ma Finzi è uno storico e non può esimersi dal dimostrarlo: Cristo come presenza scomoda è un oppositore dell’Impero di cui disfarsi senza accollarsene la responsabilità in tacito accordo con un’elite sacerdotale compiacente. Oppure vi è la scelta storica di pensare alla passione di Cristo come una necessità in mancanza della quale lo stesso cristianesimo non sarebbe mai esistito.
E nel suo saggio Finzi analizza testi episodi e testimonianze li soppesa e li confronta, ne filtra alcuni e ne rigetta altri ma fa capire che nulla è certo e definitivo e la posta in gioco è ancora oggi estremamente alta.
Vi è da concludere che anche lo storico Finzi, laico e radicale per formazione politica non vuole togliere al lettore il beneficio del dubbio.
E in questo è d’accordo con i cristiani: la vita e la passione di Cristo è un mistero in cui la figura di Barabba irrompe come un ectoplasma ma è quasi una necessità “letteraria” di cui è difficile liberarsi come di Gesù.
Foto : Autore, Honore Daumiere