In fondo siamo tutti un pò califfi

Premessa

Il sultano Shahzaman, erede di un vasto impero, dona al fratello minore Shahriyār il regno dei Tartari, con capitale Samarcanda. Il sultano ha soltanto una moglie, a differenza dell’harem di concubine, che però lo tradisce con un eunuco. Shahzaman è depresso e rammaricato, e confessa tutto al fratello, sostenendo che lui debba spiare la moglie durante la notte, per appurare se davvero lo tradisca. Shahriyār, di carattere più spietato e stupito dal fatto che il fratello non si vendichi subito, decide di accettare. Shahzaman però muore, e così Shahriyār, prendendone il posto, giunge nel regno dopo un periodo di soggiorno in Tartaria. Scopre che anche sua moglie lo tradisce con gli eunuchi, e cade in grave sconforto, uccidendo la consorte assieme alla schiera di guardie del corpo. Non bastasse, decide anche di vendicarsi dell’adulterio femminile in sé, sposando ogni giorno una ragazza del regno, per poi trucidarla all’alba del dì successivo, dopo una notte d’amore sfrenato.(Fonte Wikipedia)

Ecco, un simile racconto quali suggestioni ed accostamenti vi provoca? Siete proprio certi di non aver sentito nulla di simile anche in epoca recente in paesi di lingua e cultura occidentale?

Insomma vi siete mai chiesti perché il califfato, le cui connotazioni storiche e politiche risalgono alla comunità islamica, così raccontato in una delle favole dalle mille e una notte, sia così conosciuto e vorrei dire talvolta praticato anche presso la cultura occidentale? E perché quella cultura è così radicata nel nostro territorio?

Un po’ di storia

Come detto da Matteo Colombo su Rivista Studio (2014), il califfato nasce per sostituire Maometto e mantenere l’unità politica e religiosa della comunità islamica.

Il titolo di “Califfo” venne abolito da Ataturk nel 1924, dopo la proclamazione della Repubblica Turca.

Il Califfo si considera un discendente di Maometto. Questo spiega perché Al-Baghdadi credendosi Profeta dell’Islam si sia attribuito il titolo di nuovo califfo .

Gli attuali oppositori di Al Baghdadi ritengono che la figura del Califfo abbia soltanto un valore storico e sottolineano come non si parli di questa istituzione nei testi sacri e nei detti del Profeta.

L’abolizione del Califfato ha determinato una crisi di autorità all’interno del mondo islamico, che non è più in grado di definire quali predicatori siano credibili.

Al-Baghdadi si considera il nuovo Califfo dotato di potere religioso e politico in posizione di superiorità rispetto agli Imam e predicatori radicali, che però in maggioranza hanno rifiutato di riconoscere l’autorità del leader dell’ISIS.

Il nuovo leader dell’ISIS ha scelto il nome del primo Califfo: “Abu Bakr” (suocero del profeta Maometto) .

Questa decisione è molto importante, perché stabilisce un legame simbolico tra Al-Baghdadi e il primo Califfo. Abu Bakr aveva preso il posto di Maometto alla guida della comunità islamica, conquistato l’Iraq e sconfitto gli “apostati”, che minacciavano l’unità dell’impero. Al-Baghadi si è proclamato primo Califfo dopo 90 anni di assenza di questa istituzione e ritiene di dover combattere gli sciiti (apostati).

Il califfato nasce nel 633 ed ha subito diversi cambiamenti in questo lungo periodo. Questa carica dava al Re o al Sultano un potere quasi assoluto, con l’eccezione degli ultimi anni dell’Impero Ottomano, quando sono state sperimentate le prime forme parlamentari e costituzionali.

Lo Stato Islamico unisce una struttura statale simile a quella delle nazioni moderne ad alcuni dettami della tradizione Coranica. Pur non rifiutando la presenza di un Parlamento, una Costituzione e le elezioni, impone il divieto di legiferare in modo contrario alla legge islamica.

L’Isis è nato in Iraq, infatti originariamente si faceva chiamare “Stato islamico dell’Iraq”, quando il suo territorio ha cominciato ad estendersi in Siria ha cambiato il nome in “Stato islamico del Levante” (termine che indica l’area geografica di Siria, Libano e Palestina, ma che qui è utilizzato per indicare la Siria): è stato allora che si è iniziato a utilizzare il termine “Isis” che è l’acronimo dell’inglese “Islamic State of Iraq and Syria”.

L’ideologia dell’ISIS non ha precedenti nella storia. Oggi punisce severamente comportamenti un tempo tollerati e diffusi. Basta rileggere alcune opere di letteratura del periodo Abbasside per rendersi conto che a quel tempo si componevano dei versi anche sul vino, il sesso e l’ omosessualità.

Il califfato è oggi la rappresentazione di uno Stato islamico totalitario, dove il potere è nelle mani di un piccolo gruppo, che impone la sua visione religiosa a tutti i cittadini.

La maggior parte dei musulmani non guarda con particolare simpatia a questo gruppo, tuttavia l’ISIS ha amici e finanziatori ricchi e potenti, soprattutto tra i Wahabiti, che vivono nei Paesi del Golfo. Secondo questa ideologia la vittoria non potrà che essere dei musulmani, che sono l’armata di Dio e perciò non possono essere sconfitti.

L’ipocrita avversione all’Islam

Oggi la politica e cultura islamica è contrastata ed avversata perché seminatrice di terrore e di morte. Lo è in quanto basata su una istituzione verticistica e totalitaria, assolutamente contraria ai principi di democrazia e libertà, cui la maggior parte dei paesi europei e quelli extracontinentali di cultura e tradizione democratica come gli Stati Uniti si ispirano. E tutto, ultimamente, della cultura islamica sembra contrastare con l’evoluzione storica dei popoli più moderni ed avanzati.

Ma siamo sicuri che non vi sia traccia, anzi solco, (a volte cercato e compiaciuto) di tale cultura nella nostra cultura popolare?

E poi come avrebbe potuto la cultura islamica attecchire così profondamente in Europa, installandovisi in massa e riproducendo famiglie, tradizioni, credenze e oggi persino nuclei di soldati combattenti se non glielo avesse permesso la politica internazionale sonnolenta degli ultimi anni che in Europa e in America ha lasciato fare?

Non serve sfogliare le pagine maniacalmente antislamiche della Fallaci per averne conferma.

Perchè l’Islam sia benvoluto è risposta da politologi che non provo neanche ad abbozzare perché non mi picco di esserlo.

Io mi limito a proporre una spiegazione del perché, specie tra i ceti più popolari, la figura del Califfo che può tutto, tutto decide e ottiene (anche a letto) sia un esempio che trova facilmente degli emuli.

L’evoluzione di alcune famiglie mafiose siciliane e il successo cinematografico planetario della saga del Padrino, l’escalation dei Casamonica a Roma o dei Casalesi a Caserta non sono forse ammiccamenti e compiacimenti un po’ ipocriti ad un certo modo di concepire la famiglia, il lavoro e l’economia?

Netflix, il network americano più famoso del momento, non propone forse una serie innumerevoli di sequel ambientati e consumati presso famiglie arabe che si fanno la guerra fra loro per il predominio del territorio, dei traffici di armi e droga? Non si assiste con compiaciuta partecipazione al compimento della prima e poi della seconda e della terza stagione anche fra i giovanissimi?

E questa mentalità in fondo piace perché detta ferree regole di reclutamento familiare e persino amoroso e scatena il delirio di onnipotenza di chiunque.

Peraltro in questo pensare sono in ottima e riverente compagnia. Già prima e meglio di me il più famoso Pietrangelo Buttafuoco nel suo saggio dal titolo “Il feroce saracino” ed. Bompiani, 2015, così scriveva:

La simpatia malandrina del Sarracino cantato da Carosone o l’alone fiabesco del Saladino della pubblicità Perugina. Da religione residuale l’islam oggi è diventato l’incubo di tutti; bussa alla porta di ciascuno di noi, insinuandosi nella nostra più privata quotidianità”.

Certo dal 2015 in poi ne sono successe ancora di cose e la strage del 2001 delle torri gemelle ha fatto sicuramente da spartiacque.

L’incubo ha terrorizzato l’America e l’Occidente ma forse non è ancora bastato. Sono conosciuti ai più frequenti casi di conversione di giovani ragazze europee alla religione islamica o di arruolamento di giovani soldati europei presso sedicenti gruppi di organizzazioni terroristiche islamiche.

Si tratta certamente di una cultura fortemente caratterizzante e caratterizzata che è stata dominante in talune epoche storiche anche presso la nostra regione.

Penso, non giustificandolo, che anche l’integralismo islamico, come altre forme conosciute di integralismo sia in certo modo rassicurante , perché detta regole e comportamenti e delimita l’anarchia e il libero arbitro, che invece atterriscono e destabilizzano i popoli.

Non credo che per le sue caratteristiche possa convivere con le culture di altri popoli perché profondamente divisivo e di parte.

Lo si abbraccia e lo si sceglie come fa il Califfo sul far della sera quando sceglie la ragazza profumata e fresca di oli ed essenze che lo accompagnerà di notte.

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