“Paolo Vagliasindi e Randazzo: storia, territorio, cultura” a cura di Salvo Licari

Una splendida video intervista all’autore. Il 2 agosto presentazione del libro a Fiandaca nell’articolo i dettagli per partecipare

Randazzo giace su un territorio in cui si sono incontrate le più disparate civiltà. Greci, romani, bizantini, ebrei, arabi, normanni, aragonesi vi hanno lasciato tracce di alto valore documentario ed artistico. Il dott. Salvo Licari laureato in Storia, randazzese doc, produttore di un eccellente vino ed olio, ha creduto fortemente in questa opera, dedicando la sua ricerca ad un importante famiglia di Randazzo nella persona di Paolo Vagliasindi, colui che ha fondato un museo poi dedicato alla sua memoria, dove una immensa e preziosa collezione ha trovato la sua collocazione.

Susanna Basile: Perché un libro su Randazzo e un concittadino?
Salvo Licari: Il testo vuole essere un omaggio alla mia Città ed ad uno dei personaggi più importanti degli ultimi secoli. Paolo Vagliasindi, unico randazzese ad essere eletto al parlamento, è la sintesi dell’Amore verso Randazzo e la capacità di intendere l’interesse pubblico a scapito dell’interesse privato.

S.B.:Perchè Randazzo è cosi rinomata e meriterebbe questo interesse?
S.L.: Randazzo, città medievale, è tra le più importanti città del territorio in quanto crocevia per le diverse valli siciliane. Incastonato tra Etna, Nebrodi e Alcantara, Randazzo diventa passaggio obbligatorio soprattutto per la nobiltà, ricevendo doni e ricchezze di ogni tipo. Lo stesso Carlo V, si affacciò da uno dei palazzi più belli del tempo, incoronando tutti i randazzesi “Cavallieri”.

S.B.: Da quanto tempo lavori al testo e che approccio ha il tuo libro?
S.L.: Tra ricerca bibliografica e scrittura ho impiegato circa 2 anni. Il testo ha un approccio scientifico ed è curato e correlato da note bibliografiche e siti certificati. Ho potuto fare molta ricerca soprattutto presso la biblioteca comunale e storici locali. Fortunatamente Randazzo gode di molte testimonianze.

S.B.: Hai intenzione di continuare su questa linea di scrittura?
S.L.: Sicuramente conoscere e far conoscere è fondamentale affinché si possa valorizzare il proprio territorio inteso come Sud ed Italia.

S.B.: Dove e quando verrà presentato il libro?
S..L.: La prossima presentazione si terrà il 2 agosto alle ore 19.00 durante l’Aperituri a Fiandaca trovate le informazioni nella locandina. Lo presenterà la dott.ssa Susanna Basile, per caso la conosce?

Per info e prenotazioni telefonare al 342.8025999

Incipit del libro

Di origine prettamente medioevale, Randazzo giace su un territorio in cui si sono incontrate le più disparate civiltà. Greci, romani, bizantini, ebrei, arabi, normanni, aragonesi vi hanno lasciato tracce di alto valore documentario ed artistico.

Le origini del nome sono tuttora un mistero legato alla sua fondazione.

Le antiche mura e i resti di un bagno che ancora oggi possono vedersi a Randazzo, attestano che qui c’era un centro di abitazione sin dal tempo dei Romani, anzi l’Arezzo, Filoteo degli Omodei, il Riccioli ed altri vogliono che Randazzo fosse abitata prima delle colonie greche.

Diamo qui di seguito le versioni attualmente accreditate:

Attorno al 1154 il geografo arabo del re Ruggero II El-Edrisi,  che presentò la sua opera al re Ruggero II nella prima decade di gennaio 1154,  si legge la voce “r(a)ndāğ”, RANDAZZO. Il geografo arabo precisa che dista “da Maniaci verso levante dieci mi-glia… e giace a piè del suddetto Monte (Etna). Questo villaggio pare una piccola citta”.  Descrive infatti Randazzo come un villaggio “del tutto simile ad una cittadina con un mercato che pullula di mercanti e artigiani”, testimoniandone il particolare periodo di prosperità economica.

Per Amari,  come per Alessio,  il toponimo è bizantino, probabilmente venuto da “Rendakes”, soprannome del patrizio Sisinnio al tempo di Leone Isaurico (717 – 745); Giorgius Monachus nel suo De Costantino Porphyrogenneto et Romano Lecapeno,  accenna a un “Rendakes Atticus”; Theophane nella sua cronologia  parla di “Sisinnium patricium cognomento “Randacium”. Oppure che possa derivare da “Rentakies”, ricco ateniese parente del patrizio Niceta, sotto l’imperatore Lecapeno,  come si riscontra in Theophanes Continuatus.

Non si può escludere “Randakion” RANDAZZO, ipotesi avanzata dallo studioso Salvatore Cusa nel suo I diplomi greci e arabi in Sicilia.

Sembra anche attendibile che il nome di Randazzo possa connettersi a una derivazione araba, giacché la città aveva un insediamento musulmano, pur minore, come attestano le monete, custodite nel museo Vagliasindi e secondo lo studio di L. Scotoni, Greci e Arabi in Sicilia. Geografia comparata di due civiltà.

“Nel complesso, nota G. B. Pellegrini,  il problema etimologico non è ancora ben chiarito.”

La comunità di Randazzo viene menzionata per la prima volta in un documento della metà dell’XI secolo, in cui il Duca Roberto il Guiscardo concedeva a Joanni de Kalephatie seniori l’investitura delle contee di Randazzo e Maniace. Grazie alla fertilità delle sue terre, all’abbondanza d’acqua e soprattutto alla sua favorevole posizione lungo l’antico tracciato della Via Pubblica, in seguito Regia Trazzera, importante asse viario che collegava le città di Messina e Palermo, attraversando i Nebrodi Meridionali e le Madonie, divenne ben presto una delle più importanti e in-fluenti città della Sicilia nonché centro cosmopolita, poiché accoglieva tra le sue mura Lombardi, Greci, Latini e Ebrei.

Queste caratteristiche non sfuggirono ai Cavalieri Templari. È probabile che essi si stabilirono nella parte nordoccidentale della città, appena fuori dalle mura della stessa, dove fondarono la loro Domus, dedicata a San Giovanni Battista. Inoltre, per un motivo ancora ignoto, la città fu scelta per realizzare un singolare progetto.

Sulle costruzioni delle chiese dedicate alla Vergine Maria e quelle dedicate a santi molto cari alla Militia Templi, sappiamo che furono edificate in modo da riprodurre a terra, con grande approssimazione, l’asterismo della Vergine, proprio come le famose cattedrali francesi dell’Ile de France.

 

 

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