La breve trama tratta dal sito dell’INDA in scena fino al 20 agosto trasmesso su Rai 5 e disponibile su Raiplay ci racconta come: “Il dio Dioniso arriva dall’Oriente, con un seguito di Baccanti asiatiche, fino a Tebe, dove la sua famiglia non riconosce né lui né il suo culto. Le donne di corte, invasate dal dio, fuggono sui monti a celebrarne i riti, mentre il vecchio re Cadmo e l’indovino Tiresia si adeguano. Solo il re Penteo, cugino del dio, rifiuta quel culto e combatte il dio, ma verrà sedotto, ingannato e persuaso infine a seguire Dioniso sui monti, dove è vittima del delirio della sua stessa madre Agàve, e scambiato per una fiera, viene da lei scannato”. Un regista geniale Carlus Padrissa (La Fura dels Baus) che tiene il fiato sospeso…sospeso è tutto il suo mondo immaginato sulle linee della vendetta folle di Dioniso…spettacolo come si diceva nell’antichità…emozioni
Lucia Lavia una splendida Dionisa così lei si chiamerà alla fine della tragedia cambiando il nome nella genealogia usata come pedana proscenio. La sua interpretazione ora bambino ora adolescente ora crudele dio “del tutto è possibile” è stata meravigliosa emblematica calzante sorniona: non recitava lei era Dioniso!!!
Dionisio è il simbolo del flusso dell’energia che ispira e che permette di dissolvere le vecchie abitudini e le vecchie attitudini cristallizzate. L’intossicazione fisica anche nel sesso non è che il gradino più basso dei grandi misteri. L’unione con l’anima e l’espansione di coscienza che deriva dal dimenticarsi di sé stessi sono doni di Dionisio che non vengono generalmente apprezzati.
Nel prologo della tragedia, Dioniso ci racconta di essere sceso tra gli uomini per convincere tutta Tebe di essere un dio e non un uomo. Ha indotto il germe della follia in tutte le donne tebane, che sono dunque fuggite sul monte Citerone a celebrare riti in onore di Dioniso stesso (diventando quindi Baccanti, ossia donne che celebrano i riti di Bacco, altro nome di Dioniso). Penteo re di Tebe di fatto cugino di Dioniso poiché Cadmo il nonno è il padre di Semele madre di Dioniso e di Agave sorella di Semele e madre di Penteo. Ebbene il genio del regista ha descritto tutta la stirpe nella scenografia dello spettacolo. Avrà avuto anche lui lo stesso problema nel tenere a mente tutti i nomi e il perché di eventuali faide sapete che vi dico? Invece di spiegarvi chi sono ve lo metto per iscritto. Così fanno i registi per bene: o vi chiedono di studiarvi a casa la tragedia o vela spiegano senza diventare didascalici ma geniali…
Dicevamo Penteo fatto re di Tebe quando ancora è vivo il nonno Cadmo è invidioso del cugino Dioniso di cui si dice che sia figlio di Zeus e di sua zia Semele. Al massimo può diventare un eroe ma un dio no! Per essere un dio bisogna essere figlio di dei: al massimo un semidio ma un dio no!
Penteo rifiuta assolutamente di riconoscere un dio in Dioniso, e lo considera solo una sorta di demone che ha ideato una trappola per adescare le donne. Invano Cadmo (nonno di Penteo) e Tiresia (indovino cieco) tentano di dissuaderlo e di fargli riconoscere Dioniso come un dio. Il re di Tebe fa allora arrestare lo stesso Dioniso che si fa catturare di sua volontà, ma il dio scatena un terremoto che gli permette di liberarsi immediatamente. Nel frattempo dal monte Citerone giungono notizie inquietanti: le donne che compiono i riti sono in grado di far sgorgare vino, latte e miele dalla roccia composizione del soma una bevanda inebriante composta con l’oppio e l’hashish. Dioniso, parlando con Penteo: “Vuoi andare a vedere qualcosa che ti dispiace vedere!” riesce a convincerlo a mascherarsi da donna per poter spiare di nascosto le Baccanti. Una volta che i due sono giunti sul Citerone, però, il dio aizza le Baccanti contro Penteo. Lo fanno letteralmente a pezzi. Non solo, ma la prima ad infierire su Penteo, spezzandogli un braccio, è sua madre Agave che poi si porterà in giro la sua testa!!!
All’origine della civiltà greca Dioniso è già presente: viene dall’India e corrisponde a Shiva giovane ragazzo ribelle pieno di riccioli biondi dalla vaga forma femminea significa schianto con la verità e la vita gioia, estasi, spasimo, benevolenza, crudeltà cacciatore, predatorio, desiderio, distacco, gioco, violenza, senza prima né dopo Plutarco nel trattatello su Iside e Osiride lo identifica come il Regno delle acque con la cascata infranta di roccia in roccia che rapprende in uno l’ebrezza del volo e lo strazio della caduta. Orgiasmo dove si fondevano la danza il gioco le allucinazioni le uscite fuori di sé stessi ma fu anche una conoscenza i suoi devoti giungono nell’estasi a vedere l’oggetto bramato Dioniso e anche non meno di Shiva il fallo e non confortava alla castità il suo nome forse significava il “fanciullo di Zeus”: la madre bruciata il neonato incompleto il padre Zeus se lo cuce in una coscia per nasconderlo dalle ire della moglie Era. Nascita crudele la sua è la veduta nel terrore ebbro e creativo nelle allucinazioni nei sogni da svegli che nascevano dalla sua bevanda acqua mista di miele estratta fermentare doveva sembrato l’oppio punto i tacchi del sulle capsule di papaveri i palazzi di Cnosso ne fanno fede.
Non è un’opera religiosa anzi è un’opera per tenere lontano il popolino dai riti dionisiaci: perché il popolo ne vedeva solo gli aspetti triviali diciamo violenti non è un caso che Dioniso viene ritratto come un demone che poi i cristiani lo useranno…no Euripide ci racconta di donne che forse imprigionate in un ruolo di mogli e madri vorrebbero provare un’estasi di liberazione in fatti il favoloso regista le fa scendere in guerra con gli striscioni…
Se Euripide avesse voluto mettere in scena un’opera religiosa, forse non avrebbe messo così in evidenza gli aspetti più sconcertanti del dionisismo, ma avrebbe probabilmente posto maggiormente l’attenzione sui lati positivi (che comunque ci sono, ma solo in alcuni canti corali). Per questo motivo alcuni studiosi arrivano a interpretare l’opera in senso del tutto opposto, considerandola non una riscoperta della religione, ma anzi una forte invettiva antireligiosa. E lo dimostrerebbe la critica che Cadmo rivolge a Dioniso verso la fine dell’opera: “Non è bene che gli dei rivaleggino nell’ira con gli uomini”. Tenere lontani dai misteri dall’estasi il popolino anzi le popolane…perché i veri misteri iniziatici sono fatti per gli uomini. Il filosofo Platone, nel Fedro, ci racconta che la follia è superiore alla sapienza: la sapienza è di origine umana, la follia è di origine divina. Uno dei tipi di follia individuati da Platone è appunto quella iniziatica, riconducibile al dio Dioniso. Ci sono due tipi diversi di follia: da una parte il delirio pazzo e sanguinario delle Baccanti quando compiono le azioni violente, dall’altra il comportamento più misurato e tranquillo durante i momenti di riposo ed i riti di adorazione di Dioniso. Il primo tipo di follia è rivolto a chi non riconosce il culto di Dioniso e viene perciò punito con la violenza; il secondo è invece quello tipico di chi, accettati i culti dionisiaci, ne riceve i benefici e cioè la conoscenza. La follia diventa un mezzo per uscire dagli schemi, raggiungere la conoscenza diretta del dio nel proprio corpo, e, quindi, una maggiore consapevolezza di sé. Qui la liturgia cristiana attinge a piene mani il vino e l’ostia sono il corpo del dio che viene ingerito e Dioniso è il dio confuso nel rituale che rasenta il cannibalismo: mangiare del corpo di un dio per diventare come lui. Ma proprio dome il figlio di dio ha una madre umana così il nostro Dioniso deve diventare un dio col suo sacrificio: ma l’estasi tradotta nella sessualità diventerà demoniaca; l’estasi tradotta nella castità diventerà angelica. Ma sia l’una che l’altra non sono che due mezze verità sulla nostra origine divina che prescinde da queste verità manichee di bene e di male facendoci restare in una condizione di emozionabilità infantile.