L’organizzazione “Art Space” ha inaugurato durante la settimana del Salone del Mobile di Milano – precisamente martedì 8 giugno – la mostra collettiva “Ars Tempus”, a cura di Eva Amos, presso il sofisticato spazio espositivo Hub/Art (via Privata Passo Pordoi 7/3).
La mostra di arte contemporanea ha visto la partecipazione di oltre 40 artisti emergenti internazionali da 13 Paesi. L’inaugurazione è stata accompagnata da una performance di live painting dell’artista milanese Filippo Bragatt, da speciali momenti musicali a cura della cantante lirica Daryna Shypulina, del teatro di Kiev, e dall’intervento critico del Professore di Estetica Luca Siniscalco. La mostra è aperta al pubblico sino al 30 giugno 2022 (per info: info@artspacemilano.com).
Il tempo – il tema centrale della mostra – è da sempre un argomento molto dibattuto all’interno della società e come tale ha avuto interpretazioni numerose ed eterogenee. Alcuni lo vedono come un nemico da combattere, mentre altri cercano di convivere con esso e di utilizzarlo al meglio, altri ancora ne danno un’interpretazione del tutto personale. Ognuno vive il tempo in maniera diversa e unica nel suo genere. Numerosi artisti nelle diverse epoche si sono misurati con questo tema. Durante il Rinascimento il tempo era visto come “memento mori” crudele e spietato, che tramite la rappresentazione di un teschio umano ricordava a tutti gli uomini che il loro tempo prima o poi sarebbe finito. Altri artisti, invece, hanno cercato di rappresentare il tempo secondo una visione più dinamica, che rappresentasse il progresso umano, come, per esempio, i futuristi italiani, che cercano di inserire all’interno delle loro opere un senso di scorrere attraverso la riproduzione della velocità.
Nella società ultramoderna di oggi, sempre connessa, sempre di corsa, dove tutto può passare da un momento all’altro dovremmo forse fermarci e riflettere su un tema così importante ma che sta perdendo tutto il suo significato.
Proponiamo di seguito un estratto del testo critico “Arte kairotica: per farla finita con la crono-isteria”, a firma di Luca Siniscalco, che accompagna il catalogo della mostra:
«Il tempo è uno dei temi maggiormente frequentati tanto dall’arte occidentale quanto dal pensiero filosofico-estetico. Tale centralità dipende dalla pluralità delle conformazioni che la questione della temporalità assume nelle pratiche umane: l’uomo vive nel tempo, è essenzialmente tempo (come mostrato da Martin Heidegger nel suo capolavoro del 1927, Essere e tempo), del tempo si alimenta, ma, simultaneamente, è oltre il fluire del tempo – questo posizionamento è, perlomeno, una decisione sempre possibile. L’arte, in quanto forma simbolica ed espressiva, sperimenta e plasma in una modalità multisensoriale il rapporto con il tempo e con la polivalenza delle sue epifanie.
L’affermazione, nella modernità, di una concezione lineare della temporalità, secondo una visione storica d’impronta teleologica e progressista, si è trovata in piena crisi in seguito alle fondamentali scoperte della fisica novecentesca (in particolare, si pensi alla Teoria della relatività di Einstein) e alla disgregazione della visione del mondo d’impianto deterministico-causale. Nell’età contemporanea, nel cosiddetto postmoderno, la temporalità viene vissuta in forme nuove: rinasce una sua percezione in forme cicliche e spiraliformi; rifioriscono i simbolici arcaici delle sue epifanie, i temi della sincronicità e della reversibilità temporale affiorano nell’immaginario collettivo e nella pop culture. Anche l’arte è chiamata a confrontarsi con le sfide del pensiero contemporaneo. Così i celebri “orologi molli” che popolano i capolavori di Salvador Dalí raccontano, come titola una sua splendida opera del 1931, “la persistenza della memoria”, ossia l’elasticità e la resilienza della temporalità, che procede in maniera plurale e proteiforme, “indicizzata” dalla soggettività percipiente. Il “tempo perduto” tematizzato nei capolavori letterari di Marcel Proust può essere così riconquistato nella potenza estatica dell’estetica, capace di vivificare il passato e “tenderlo” alle soglie dell’eterno […]
Sulla scorta di queste intuizioni sotterranee – ma seminali – nella cultura europea l’arte contemporanea può immaginare con successo una poetica in cui l’alienante isteria che sacrifica l’uomo all’altare del tempo idolatrico – il tempo della durata – venga annichilita dalla potenza dell’hic et nunc – il tempo dell’eterno, che simul inquieta e meraviglia. […]»