Quando si va alle radici dei luoghi siciliani del centro dell’isola, che durante il medioevo e nei secoli fino al settecento era crocevia di culture e popoli si scoprono queste meraviglie: il territorio nicosiano è situato sul bacino superiore del fiume Salso, affluente del fiume Simeto; esso si insinua strategicamente tra i centri dei Nebrodi e quelli della Valle del Dittaino.
Per questo era la Trazzera Regia che collegava Palermo e Catania e aveva il porto situato a Tusa nel messinese. Oggi è impensabile che riusciamo a comprendere queste vie: non sono nella nostra mappa cosiddetta concettuale quella che agita la nostra mente e i fiumi navigabili della Sicilia e i porti fluviali sono un ricordo che, noi in maniera certosina, cerchiamo di far riaffiorare, anche se i fiumi sono secchi e le vie sono sparite, restano sempre le trazzere di alcune strade che sembrano ancora immutabili.
Ma torniamo alla particolare situazione geomorfologica che ha favorito a Nicosia, durante la protostoria, il cosiddetto “trogloditismo”, cioè l`insediamento umano in grotte naturali o artificiali, disseminate nel tessuto urbano di Nicosia e di Sperlinga, come ad esempio in C/da di Santi Quaranta (resti di una necropoli con ipogei scavati sudi una cresta rocciosa sul torrente Fiumetto), in C/da Perciata (tombe ad arcosolio), nel Balzo della Rossa (castello rupestre), a Monte S. Onofrio e Cozzo S. Marco (ipogei paleocristiani), e nelle grotte di Contrada Vaccarra.
In epoca romana e tardo-antica, gli insediamenti rupestri vennero poi usati principalmente a scopo funerario, mentre durante i secoli del medioevo vennero riutilizzati come castrum o luoghi privilegiati di controllo del territorio. Durante le epoche più recenti, le stesse grotte vennero infine utilizzate come abitazioni rurali e come siti produttivi (palmenti, fornaci, stalle, silos, ecc.).
La Masseria Rossignolo è una tipica masseria agricola, della Sicilia centrale, di fine ottocento. Situata in C.da Castagna, territorio di Nicosia, la caratteristica della masseria sta nella costruzione della stessa che è a ridosso di una rocca in arenaria ove, in epoca precedente alle costruzioni, erano state scavate delle grotte già utilizzate ed abitate dall’uomo.
Patrizia Burrafato ci racconta come ogni masseria a Nicosia aveva il suo palmento: lei, la masseria l’ha ereditata dalla sua famiglia e si ricorda ancora che il vino veniva fatto al torchio che risulta ancora funzionante, nel video e nelle foto vedrete quello più recente e il torchio esterno addirittura del settecento.
Lei si ricorda che il padre faceva il vino per uso personale e che ognuno aveva la sua vigna e ricordiamo che il vino aveva anche una funzione sacrale in quanto, il vino consacrato è, a tutti gli effetti, il sangue di Cristo, e come tale sacro. Non può essere versato invano, non può assolutamente essere gettato, pena la scomunica. Se avanza nella coppa dovrà essere bevuto dal celebrante. E nei momenti in cui l’acqua era inquinata veniva usato per scongiurare infezioni e veniva usato come alimento per chi coltivava la terra, quindi doveva esserci per forza il vino a Nicosia.
La masseria e gli aggrottati, ancora oggi utilizzati, si intersecano perfettamente in una serie di ambienti utili allo svolgimento della vita agricola d’un tempo. Nella rocca che corona la corte della masseria, si trova un ampio palmento scavato nel 1855. Altre grotte, sapientemente scavate a mano, fanno da corona ai due edifici costruiti e addossati alla grande rocca. L’edificio più grande era adibito a dimora della famiglia del massaro, mentre quello più piccolo era destinato all’abitazione della famiglia del mezzadro.
Nell’antica dimora del massaro, ristrutturata e in ottimo stato di conservazione, si possono ammirare: i soffitti, con particolari decorazioni floreali in stile Liberty; le pareti policrome in colore pastello e la pavimentazione, con formelle quadrate che compongono disegni floreali e geometrici.
Poco distante dalla corte, si può ammirare la Chiesetta rurale che risale al 1891, tutt’oggi ancora consacrata a S. Orsola. La Chiesetta era a disposizione della religiosissima famiglia del massaro che, fra i componenti, vantava alcuni sacerdoti, monaci e suore. Nell’altare della chiesetta, ancora oggi, sono presenti le reliquie della Santa.
Durante la seconda guerra mondiale, dal 10 al 29 luglio 1943, gli abitanti della masseria subirono la violenta irruzione di una squadra delle truppe tedesche che, requisirono la masseria, rinchiusero la famiglia Rossignolo nelle adiacenti grotte e utilizzarono il piano superiore dell’edificio più grande, come quartier generale. Braccati dall’incursione dei soldati americani, i tedeschi scapparono via da quel sito e finalmente la famiglia Rossignolo, scampato definitivamente il pericolo, si rimpossessò della propria masseria ma l’amaro ricordo degli orrori della guerra, rimase per sempre, indelebile, nella storia e negli animi semplici di quella umile famiglia contadina.
L’esempio della Masseria Rossignolo è un viaggio nel patrimonio dimenticato di una città antichissima e dal passato glorioso sempre più coperto dall’oblio, nessuno ha mai pensato di recuperare e valorizzare gli innumerevoli siti rupestri abitati dalla preistoria fino a pochi decenni fa. Questi percorsi non solo turistici, rappresentano uno studio etno antropologico. Infatti i siti che costellano il territorio nicosiano, ma anche delle vicine Sperlinga e Cerami, sono una lettura di come nei secoli sia cambiato il “modo di abitare”, di adorare le divinità, di utilizzare le risorse rendendole disponibili alla comunità, di ricordare i morti.
I siti rupestri, le grotte, le necropoli, gli eremi ed i monasteri sono ormai quasi cancellati in tutta la fascia compresa Sperlinga, Nicosia, Cerami e Gagliano Castelferrato dove i Siculi avviarono l’opera di escavazione per uso abitativo e funerario, ininterrottamente proseguita nel corso dei millenni fino al secolo appena concluso. Uno degli esempi dell’interminabile “affinamento” delle tecniche e della ricerca di “comodità” si trova in contrada Mercadante di Nicosia. Tra le più interessanti necropoli, quella del castello di Nicosia, sulle scoscese pareti rocciose del picco sul quale sorge la fortezza normanna e quelle di Santi Quaranta Martiri e dell’Altesinella.
Misteriose le nicchie del “Peirito”, in territorio di Sperlinga, come l’insediamento della Valle di Sant’Antonio in contrada Cicera, quelle di Rossa Sant’Ippolito, della Vaccarra e di Grottascala. Ci sono poi gli eremi ed i monasteri. Sant’Onofrio a Nicosia, in origine necropoli paleocristiana, di uso abitativo e poi religioso, trasformate in epoca bizantina in convento dove esiste ancora, una parte della “spezialia” dei monaci in gran parte ormai crollata. Nicosia la “colta città” di un tempo, si divide in due ci sono coloro che hanno la volontà di recuperarla nella sua bellezza storica e coloro a cui non interessa nulla dello storico passato.
Noi naturalmente siamo dalla parte delle persone interessate a salvare quello che ancora rimane malgrado una così sorprendente “ricostruzione” di questo territorio sarebbe in grado di attivare un circuito turistico di appassionati e ricercatori. E dei loro figli che abbiamo conosciuto durante una visita al Museo Diocesiano di Nicosia. Ma questa è un’altra storia.