Nella giornata della presentazione della guida Ais Sicilia del 2024 abbiamo assistito ad una conferenza e una masterclass che riguardava il rapporto delle aziende a conduzione familiare, e soprattutto a trasmissione familiare. Per me che come psicologa clinica mi occupo già da qualche anno di questa realtà, riuscire a coniugare il fascinoso mondo del vino con l’affascinante e conflittuale rapporto della famiglia del vino mi rende molto entusiasta delle scoperte che quotidianamente faccio sulla vita delle persone
Accomunate dall’essere nella favolosa Guida ai vini di Sicilia del 2024 pubblicata da AIS Sicilia Tutte le famiglia di cui abbiamo assaggiato e vini e ascoltato le loro storie: da Monreale a Marsala a Noto a Furnari ad Agrigento e sull’Etna una strada che oggi ci sembra distante ma che in passato tra i fiumi, porti e vie terrestri , invece rappresentava un’idea di contatto, era la rete viaria nella Sicilia Romana che consisteva in tre vie: Via Valeria (Messina – Lilibeo), Via Pompeia (Messina – Siracusa), Via Selenuntina (Siracusa – Lilibeo).
Padre e figlio: Feudo Disisa di Monreale famiglia giunta alla sua quinta generazione che racconta la storia siciliana di oltre un secolo di sperimentazione coltivazione e innovazione. Guidata da Renato Di Lorenzo con il supporto della moglie Maria Paola e dei due figli Laura e Mario, coinvolti in prima persona nelle attività aziendali e commerciali.
Padre e figlia: Caruso e Minini di Marsala due famiglie e due storie diverse che si intrecciano e si fondono quando Stefano, Francesco e Roberto Caruso, terza generazione di vignaioli, incontrano Mario e Francesco Minini, titolari di un’azienda di commercializzazione del Nord Italia. Stefano è affiancato dalle due figlie Giovanna e Rosanna. Una gestione in rosa con l’ingresso delle due figlie che ha sicuramente portato una ventata di freschezza fra le botti.
Padre e figlia: Cantina Marilina, Angelo Paternò arriva a Noto nel 2001. Nel 2007 inizia il progetto di costruzione della cantina, terminato nel 2009, concretizzando la sua idea iniziale condivisa con la figlia Marilina: i vini che finalmente lui stesso poteva produrre sono stati e sono con una forte identità, dal vigoroso legame con il territorio e vengono fuori dal processo naturale dei cicli vitali, senza forzatura alcuna.
La sensazione che si evince dalle tre conversazioni, dove le figlie sono due su tre in un mondo come quello del vino dove le donne e le Donne del Vino, grande associazione nazionale che lavora in maniera operativa e funzionale in questo settore ormai da trent’anni, abbiano ribaltato quel modo di essere rispetto ai padri nel “poter essere quello che si vuole” pur continuando la tradizione. Si scherza si fa la battuta sul fatto che l’unico uomo in senso padre e figlio della cantina Feudo Disisa, sia anche un ingegnere e che comunque c’è una moglie e quindi una donna c’è come ci sono le mogli e le figlie: quando c’è famiglia anche nei conflitti e negli accordi esiste una visione maschile e femminile del problema che così va affrontato. L’usanza poi che i figli e le figlie dei proprietari vitivinicoli vadano a studiare fuori Sicilia o anche fuori Italia dà la possibilità di avere una voce in capitolo più rappresentativa: la novità da un po’ di anni a questa parte, da quando il vino siciliano ha raggiunto notevole qualità rispetto alla quantità è che “i pargoli” invece di restare dove studiano o emigrare oltreoceano, tornano recuperando le tradizioni con quelle innovazioni che servono e che trasmutano alchemicamente parlando “vecchi ruderi in residenze d’arte”. Ed in questa definizione ci stanno pure i paventati “genitori”. Poter affermare che un patriarca della famiglia possa essere “un’opera d’arte” piuttosto che “un vecchio rudere”, fa la differenza soprattutto per le vacanze radical chic di un flaneur e compagnia bella come c’è capitato di conoscere un professore psichiatra di una università americana in vacanza da solo nel ragusano a capodanno.
Poi siamo passati alla masterclass e nuove famiglie ci hanno raccontato i passaggi dello scettro del potere che quasi mai si realizza in maniera indolore: si sa che gli uomini e le donne della terra non possono allevare figli deboli senza carattere ma anzi sono fieri dei figli delle figlie che spesso gli si oppongono dimostrando che le idee nuove e le nuove tecnologie sono fondamentali, senza dimenticare che sono proprio i figli che riescono a far vendere in mercati stranieri attraverso i siti su internet e la partecipazione a fiere concorsi e progetti che fanno del vino la nuova avventura e il nuovo investimento sui mercati planetari.
La masterclass “Di Padre in Figlio” condotta da due generazioni di sommelier AIS Sicilia a confronto, quali il referente per la Guida, Orazio Di Maria, e l’ultimo “Miglior sommelier di Sicilia”, figlio di Orazio, Claudio Di Maria. Sette sono stati i vini degustati sette le cantine storiche:
Cantine Nicosia a Trecastagni, Sicilia da cinque generazioni Era il lontano 1898 quando Francesco Nicosia, il bisnonno dell’attuale proprietario, decise di aprire la prima bottega di vino a Trecastagni, sul versante orientale dell’Etna. Tempi d’oro per il vino dell’Etna che già allora era conosciuto ed apprezzato in tutta Europa per la sua forza minerale e la sua “vulcanica” personalità. Oggi Cantine Nicosia è un’azienda dinamica, moderna ed efficiente, capace di guardare al futuro nel pieno rispetto della tradizione, alla cui guida Carmelo Nicosia è affiancato dai due figli Francesco e Graziano, da una squadra affiatata di giovani collaboratori e, non ultimo, dall’enologo Maria Carella, autentico interprete della filosofia produttiva dell’azienda.
Cantine Russo a Solicchiata, Azienda La tradizione vitivinicola della famiglia Russo si è tramandata da padre in figlio fino ad oggi. Verso la fine del 1800 il trisavolo Vincenzo Russo si dedicava, insieme alla famiglia, alla coltivazione dei propri vigneti situati nella zona di Solicchiata, Comune di Castiglione di Sicilia a circa 700 m/slm sul versante nord est dell’Etna. Nel 1955, Francesco e Vincenzo, rispettivamente il figlio e il nipote del trisavolo Vincenzo, decisero di imbottigliare il vino prodotto dai vigneti di famiglia creando una piccola cantina. Il primo vino venne chiamato Solicchiata ed era il 1956; la certificazione D.O.C. Etna venne riconosciuta nel 1968, stesso anno in cui il brand cambiò nome in Rusvini fino ad arrivare al marchio odierno che è Cantine Russo. Oggi la quarta generazione è rappresentata da Gina e Francesco Russo che insieme al padre Vincenzo gestiscono l’azienda storica di famiglia.
Baglio del Cristo di Campobello di Licata, Alto lignaggio agrigentino messo a dimora nell’anno 2000 da tre padri di famiglia e quotidianamente elevato. Dopo decenni trascorsi a coltivare vendemmie, nasce la visione di un nuovo percorso enologico. Con la consapevolezza di avere le risorse giuste, il luogo adatto, uno straordinario microclima e le persone qualificate. Prende così vita l’idea del Cristo di Campobello. Si veste del risalto del bianco colore delle origini, stato di tutte le cose possibili, il divenire, la purezza originaria, la totalità dei colori, il suolo gessoso del Cristo di Campobello. Trentacinque ettari di vigna della Sicilia Agrigentina, organismo unico di dieci microaree, proprietà accorpata di cinquanta ettari a Campobello di Licata. Terreno profondo, misto calcareo e gessoso, di giacitura collinare, tra i 230 e i 270 metri sul livello del mare e a 8.000 metri dalla costa.
Cambria Vini di Furnari, È il 1864 quando a Furnari, un paesino del Nord-Est della Sicilia in Provincia di Messina, che gode della protezione benevola del Santuario di Tindari e di un superbo affaccio sull’incanto delle Isole Eolie, nasce l’Azienda Cambria. L’occasione è l’eccezionale vendemmia che nel 1864 bacia il piccolo appezzamento di terreno che i Cambria coltivano per il proprio fabbisogno. La quantità e la qualità del vino in quell’anno è talmente elevata e superiore alle aspettative che Matteo Cambria, da sempre appassionato del settore, decide di vendere il vino in eccesso. Si dà così il via alla produzione un’avventura partita tanto tempo fa e che continua ancora oggi. È il 2009 l’anno in cui inizia un’altra grande era per la Cambria. Il 15 settembre viene vendemmiata per la prima volta un’uva prodotta nella Tenuta di Mastronicola, con alle spalle una storia millenaria che risale ai tempi di Giulio Cesare. Si tratta del vitigno autoctono locale “NOCERA”, fortemente voluto da Nino Cambria, che dopo averlo selezionato e fatto certificare, lo ha reimpiantato nella stessa Tenuta di Mastronicola.
Dei Principi di Spadafora a Monreale, Spadafora è una nobile famiglia siciliana, le cui prime tracce certificate risalgono al 1230. Nei secoli il Casato ha avuto il predominio su cinque principati, un ducato, due marchesati, una contea e venticinque baronie. Alcuni dei componenti della famiglia hanno occupato cariche di primo piano nel Regno di Sicilia e in alcuni Stati Europei. Il fondatore dell’azienda agricola è don Pietro dei Principi di Spadafora, che riceve in eredità la tenuta dallo zio Michele De Stefani, valente agricoltore ed allevatore di cavalli da corsa. La tenuta subisce parecchi danni durante il terremoto del 1968 ma don Pietro si impegna sia nella ricostruzione che nella riqualificazione dell’azienda, rivalutando i vigneti autoctoni e portando in Sicilia vigneti alloctoni destinati alla nascita di vini di qualità. L’attuale proprietario è Francesco Spadafora, figlio di don Pietro, sposato con la moglie Claudia, affiancato dalla figlia Enrica .
Heritage di Francesco Intorcia a Marsala. “La mia eredità, l’eredità della nostra famiglia.” Entrare nelle nostre cantine e poter scegliere è facile, chiamatela fortuna, ma se tutto ciò esiste è perché la nostra famiglia ha creduto nel Marsala, custodendolo come un tesoro di inestimabile valore. Il primo giorno di lavoro nell’azienda di famiglia è un ricordo che Francesco rivive ogni momento. Ha capito sin dal primo istante che all’interno delle cantine storiche si custodivano dei tesori, lo ha sentito vibrare dentro di sè. Come un romanzo, ha iniziato a sfogliarne le pagine. Assaggiando tino dopo tino, realizza che il Marsala stava perdendo, a poco a poco, ma inesorabilmente la sua bellissima storia, le sue radici, la sua memoria. Più sfogliava il libro a ritroso immergendosi nella degustazione delle annate più vecchie, più poteva constatare la freschezza e complessità dei vini. Nel 2010 con il padre Antonio si decide di mettere in bottiglia le prime Riserve Intorcia 3gen. Lasciò scegliere a lui i tini: e così la scelta cadde sulla vendemmia 1980 nelle tre tipologie Vergine, Dolce e Semisecco. Complessità, mineralità e acidità sorprendenti. “5 anni dopo, durante un giro in cantina con lui, scopro altri due tini vendemmia 1980. Ero sorpreso, ma è stato in quel momento che il sorriso malizioso di mio padre mi ha comunicato che era arrivato il momento per dare vita al mio progetto”.