Thornton Niven Wilder (Madison, 17 aprile 1897 – Hamden, 7 dicembre 1975) è stato un pluripremiato drammaturgo e scrittore statunitense. I temi familiari alla sua scrittura sono la condizione umana; la storia come progressiva, ciclica o entropica; la letteratura, la filosofia e la religione come pietre miliari della civilizzazione. Vive un periodo molto complesso da un punto divista storico politico e sociale soprattutto alla luce di grandi cambiamenti epocali compreso il dramma del conflitto mondiale. È in contatto con scrittori come Jean Paul Sartre, Ernest Hemingway, Gertrude Stein e con registi come Hitchcock e Orson Welles, scrive diverse opere per il teatro esordendo anche come attore a Broadway.
Nel lavoro La lunga cena di Natale portato in scena da Giovanni Anfuso con gli attori Anna Passanisi (Mamma Bayard e cugina Ermengarde), Davide Sbrogiò (Roderick, suo figlio), Liliana Randi (Lucia, moglie di Roderick), Angelo D’Agosta (Charles, figlio di Roderick e Lucia), Chiaraluce Fiorito (Genevieve, sorella di Charles), Maria Rita Sgarlato (Leonora Benning, moglie di Charles), Santo Santonocito (cugino Brandon), e poi Greta D’Antonio e Francesco Rizzo (i gemelli Lucia e Sam, figli di Charles), e Michele Carvello (Roderick, l’altro figlio di Charles) si narra di una lunga cena che dura nove decenni, mettendo in mostra la vita di diverse generazioni della famiglia Bayard e di alcune delle loro cene di Natale. Wilder/ Anfuso rompono i confini del tempo mentre noi lo misuriamo e ci invita a prendere parte a “una lunga e felice cena di Natale”: passato, presente e futuro. Man mano che le generazioni compaiono, hanno figli, appassiscono e se ne vanno, solo il pubblico apprezza ciò che cambia e ciò che rimane lo stesso.
Gli attori sono seduti con il pubblico e la loro interpretazione molto “americana” ci mette una sorta di soggezione dimostrandoci così che esiste, almeno apparentemente: una vita parallela e perenne in cui siamo invischiati, come in sabbie mobili, ipocritamente felici di non distogliere lo sguardo dalle nostre miserrime vite grigie, con piatti grigi, vestiti grigi, una sorta di Sliding doors…no commedia no!!! Non c’è niente da ridere nell’alcolismo e negli psicofarmaci di “una famiglia perbene”.
Lo stesso Thorton Wilder afferma: “Novant’anni devono essere attraversati in questa commedia che rappresenta in movimento accelerato novanta cene di Natale nella famiglia Bayard”. Gli anni che passano sono rappresentati con la ripetizione di certi discorsi sulla predica di Natale, il tacchino, il vino, il tempo, la malattia e il figlio necessario all’azienda di famiglia. Il dialogo banale è condito da interiezioni che sono “piccoli ma significativi cambiamenti ironici nelle fortune della famiglia”. Man mano che lo spettacolo procede, gli attori recitano il loro graduale invecchiamento. “La maggior parte di loro porta parrucche di capelli bianchi che si sistemano sulla testa al momento indicato, semplicemente senza commenti. Le signore possono avere scialli nascosti sotto il tavolo che si tirano gradualmente sulle spalle man mano che invecchiano”. Le note di Wilder che perfettamente si intonano alle note di Anfuso.
Quando è il momento per loro di morire, si alzano dal tavolo e si allontanano a destra, che è “appeso di velluto nero” in questo caso il grigio la fa da padrone (il portale che significa morte) mentre a sinistra sono “ghirlande di frutti e fiori” sempre grigio resta (il portale che significa nascita ). Così Anfuso ha realizzato un ingresso di vita e un’uscita di morte.
I cognomi sono ripetitivi quanto i discorsi a tavola. Le generazioni successive prendono il nome dai loro nonni. La prima Lucia e Roderick chiamano i loro due figli, un maschio e una femmina, come Madre Bayard (Genevieve), e il padre e nonno di Lucia Charles (che Lucia preferirebbe chiamare Samuel). Con questa generazione successiva, compaiono piccoli cambiamenti nei valori “Il tempo sembra anche scorrere secondo debiti e crediti, come implica la giustapposizione di due morti, Lucia e il cugino Brandon, con la nascita di due gemelli”.
Ci sono alcuni momenti in cui i personaggi malati si avvicinano al portale oscuro ma vengono riportati indietro. Dove un tempo, il tempo era apprezzato per il suo ritmo, le generazioni più giovani lo trovano troppo lento. A loro volta, i personaggi iniziano a spostarsi fuori città e fuori dal paese. “Grande Dio, devi ubriacarti in questa città per dimenticare quanto sia noiosa. Il tempo qui scorre così lentamente che si ferma”. La lunga cena di Natale è uno dei pasti teatrali più brevi e più dolci del repertorio per essere un’idea così semplice e “pura”. Così come Wilder ci fa venire in mente Anfuso con il suo trattamento del tempo e il modo in cui viene rappresentato sul palco sono temi prevalenti nelle discussioni delle sue opere. I riferimenti al tempo sono così ossessivi come per Wilder. Sono “lo sfondo terrificante del tempo”. Questi “accenni dello scorrere del tempo” e le azioni che li rappresentano sono ciò che segnano le progressioni compiute attraverso le vite e la società che circondano la famiglia Bayard.
Tutto si sposta simultaneamente al punto precedente e in un nuovo posto. Mentre la città e la ricchezza della famiglia si sono evolute, il giovane Roderick ricade perché è un alcolizzato come lo era suo nonno (Roderick). La terza generazione ha un pulsante di reset: “la famiglia è ricominciata da zero, e una casa vuota circondata da fabbriche è tutto ciò che rimane del loro tentativo di costruire una presenza duratura”. È solo la figlia Genevieve che tenterà di sfuggire al tempo proprio come il resto della sua famiglia fugge dal luogo, e nessuno ricorderà l’inizio pieno di speranza della casa. La sua “fuga” rappresenta un’evoluzione delle antiche tradizioni; tuttavia, segna l’inizio di nuove tradizioni in una nuova casa, i cambiamenti della società fungono anche da catalizzatore per i desideri dei personaggi di andarsene: “l’irresistibile interazione di grandi forze sociali ed economiche che possono alterare irrevocabilmente l’ambiente e richiedere che gli individui si adattino, se ne vadano o muoiano”. L’uso delle ripetizioni da parte di Wilder, volutamente monotono, guida filosoficamente lo spettatore: è un’opera teatrale sul progresso e l’ottimismo, o riguarda il decadimento e l’entropia? Ma lo abbiamo capito quanto noi siamo monotoni banali e ovvi nelle nostre vite materiali e prive di senso? La famiglia non esiste: siamo sempre noi che per non impazzire diamo un senso e una finalità avvolgendo il tutto con “la carta caramella” degli affetti, delle emozioni belle e brutte, dei sentimenti buoni e cattivi: che per non odiare veramente qualcuno non lo amiamo nemmeno. Tuttalpiù gli vogliamo bene quando in realtà nella nostra ombra gli vogliamo male e gli vogliamo talmente male che ci ammaliamo e moriamo.
Questo è il senso degli attori della nostra famiglia di questo lungo pranzo. Difficile è riconoscersi: non conviene a nessuno ma il coraggio di Giovanni Anfuso è meritevole alla luce di una protesta di ciò che si è verificato nel corso di questi due anni, di questi due ultimi natali separati chiusi a casa e che invece a causa di questo “noiosissimo e lunghissimo pranzo” fossimo tutti “vicini vicini” a guardarci nella faccia piccolissimi borghesi che non siamo altro. Ad annoiarci con le nostre stupide battute e sull’inutile tempo che perdiamo in vita tra la nascita e la morte. Geniale l’autore geniale il regista fantastici gli attori che si sono realmente sentiti guardati e paragonati a certe statue di cera viste al Museo di Londra.
Applaudiamo tutti: gli attori già citati, Riccardo Cappello autore di scene e costumi, Applausi anche per Paolo Daniele, autore delle musiche, per l’aiuto regista Agnese Failla, per Davide La Colla ed Enzo Valenti, che hanno curato rispettivamente luci e suono, e per Francesco Rizzo, assistente alla regia.